mercoledì 31 marzo 2010

Le due recensioni del Decretum

Anders Winroth, lo studioso che ha sollevato il problema della versione primitiva del Decretum, ha messo in rete un articolo riassuntivo.
Mi pare però che nessuno abbia interpretato la vicenda collegandola alla nascita della scienza canonistica. Tutti si sono concentrati sul problema filologico (la storia del testo) trascurando quello propriamente storico.

11 commenti:

  1. Salve a tutti!Leggendo questo articolo di Anders Winroth è possibile notare,come evidenzia il Prof.,la sua scrupolosa attenzione per la storia del testo,esponendo le argomentazioni a sostegno della sua tesi.Al contrario il Prof.,nel paragrafo del secondo capitolo dedicato al Decreto di Graziano,sottolinea un punto fondamentale :"quel testo che era parso la stabilissima base testuale per la scienza canonistica dimostra ormai di essere nato e cresciuto nella fluidità tipica del suo tempo".Come osservato anche a lezione,Graziano non ebbe l'intenzione di "codificare" il diritto canonico;si limitò a continuare la tradizione ispirata alla "logica dell'utilizzatore".Tuttavia la trasformazione di un testo fluido in un codice stabile era premessa fondamentale per la nascita di un nuovo ceto sociale a Bologna,quello dei giuristi,di fronte ai quali anche le pretese di Federico Barbarossa dovettero arrestarsi.
    Silvia Codispoti e Giovannina Damiani

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  2. Vogliamo aggiungere anche un altro intervento.
    Ci siamo recate nuovamente alla Biblioteca della Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza per cercare un libro che il Prof. ha citato nella lezione relativa alla questione delle fonti.Si tratta di "Il nostro autentico Gaio" di Cristina Vano.Per introdurre l'argomento ci sembra fondamentale riportare le affermazioni di Savigny fatte per le lezioni introduttive al corso di Pandette svoltosi a Berlino dal 25 ottobre 1824 al 26 marzo 1826.La condizione del diritto romano era molto più favorevole al tempo in cui Savigny era allievo rispetto a quello in cui è maestro : "allora il diritto romano era quasi ovunque il fondamento esclusivo del diritto pratico e la conoscenza accurata di esso rivestiva per questa ragione importanza diretta e ineludibile.Da quei tempi questa immediata importanza è andata perduta in gran parte della Germania,ed essendosi l'interesse pratico rivolto ad altre forme giuridiche,ci si sarebbe aspettati che l'ardore per il diritto romano si spegnesse del tutto.Ed è accaduto esattamente il contrario.In nessuna epoca il diritto romano è stato studiato in Germania con così vivo fervore e così felice successo,come in questo periodo".Le opere classiche dei giuristi romani garantivano "anche al giurista attuale" una formazione adeguata al proprio tempo,tale che "nessun'altra scuola" poteva ambire ad una maggiore efficacia.Affermando l'importanza del diritto romano Savigny insiste sulla centralità dello studio delle fonti come "la missione di offrire il grado più elevato nell'istruzione giuridica cui uno studente possa aspirare ".Lo studio delle fonti era l'oggetto del corso di Pandette,esso era la rappresentazione dettagliata del diritto giustinianeo e Savigny lo indica come il "luogo" più appropriato per "prendere in considerazione la natura e il metodo della nostra scienza".

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    La concezione che Savigny aveva degli studi universitari era che lo scopo di ogni corso era quello di "educare l'allievo ad una visione libera e ad un proprio giudizio nella sua scienza ".L'educazione degli studenti alla "libertà" e "autonomia" si ha trasmettendo loro il "metodo della scienza".
    Savigny raccomanda di immergersi nelle fonti;occorre "pensare con le fonti" evidenzia l'Autrice,in quanto"mezzo necessario per impadronirsi di un metodo adeguato ad affrontare le esigenze giuridiche del presente,a consentire l'elaborazione autonoma di regole e principi grazie al possesso della totalità del sistema che governa la logica".
    Le fonti giustinianee,ma in particolare quelle "pregiustinianee" erano i testi da adoperare.Il ritorno alle fonti,ricorda l'Autrice,portò a ritenere che la compilazione di Giustiniano era solo un "sommario dell'antico sapere" di cui le Istituzioni,le Pandette e il Codice conservavano appena gli estratti.
    Il recupero più importante furono le Istituzioni di Gaio;in particolare,la restituzione dei Commentarii di Gaio "esercitava i suoi effetti in più direzioni":storia,letteratura,critica del testo e paleografia."Il Gaio lo abbiamo per intero" è proprio il titolo del paragrafo in cui l'Autrice evidenzia che il suo valore non era soltanto storico,come poteva ritenere chi fosse un vero giurista(RECHTSGELEHRTER)e non semplicemente un esperto di leggi(GESETZKENNER);per la conoscenza del diritto romano "incomincia con la scoperta di Gaio una nuova era".
    Si sottolinea anche la relazione tra studio filologico e storico del diritto romano:"l'aspetto filologico dell'antichità diviene tanto importante per il giurista,quanto quello giuridico per il filologo;qualsiasi sforzo isolato sull'uno o sull'altro aspetto può produrre solo frutti immaturi e meschini".Ecco la nuova prospettiva di uno stretto legame tra filologia e diritto,"elemento essenziale per il progresso della scienza".
    Silvia Codispoti e Giovannina Damiani

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  4. Nell'ultima lezione si è citato Ernst Hartwig Kantorowicz, lo storico tedesco di origini ebraiche noto per il saggio del 1927 sull'imperatore Federico II.

    Nella ricerca delle fonti mi sono però soffermata sulla traudzione italiana " La lotta per la scienza del diritto" del 1908, in cui l'autore critica l'atteggiamento ossequioso, tipico di tutti i paesi dell'Europa continentale, verso il modello illuministico del giurista - interprete, intento solo a ricercare il significato della legge, mediante operazioni strettamente logiche, trascurando ciò che realmente avviene nelle aule di giustizia. Kantrowicz vuole dunque spiegare "agli ingenui" quale dovrebbe essere la reale condotta di chi risolve le controversie in diritto; il saggio viene infatti pubblicato dall'autore con lo pseudonimo di Gnaeus Flavius.

    Secondo Kantorowicz è il giurista che fa il testo e non il testo che crea il giurista.

    Potendo raccogliere i punti essenziali del suo discorso, questi si potrebbero sintetizzare :
    A) nel rifiuto della concezione del diritto soltanto quale emanazione degli organi dello Stato e conseguente affermazione dell'esistenza di altre fonti accanto alla legge;
    B) nel rifiuto della "completezza del sistema legale", ossia assenza di lacune
    C) nel rifiuto verso regole generali intese a ricomprendere più fattispecie;
    D) nel rifiuto della "decisione giusta".

    Hermann U. KANTOROWICZ - La lotta per la scienza del diritto, 1908.

    Serena Pecci.

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  5. Salve a tutti, in questi giorni mi sono soffermata su un tema accennato a lezione, che potrebbe interessare in quanto collega passato (e specialmente il Medioevo), presente e futuro. La mia fonte guida è un articolo di Anna de Robilant, intitolato: “Genealogies of soft law”, trovato nella rivista “The American Journal Of Comparative Law”, 2006.
    La fioritura relativamente recente di molteplici strumenti di soft law e la richiesta di un’armonizzazione blanda del diritto europeo hanno invitato a riflettere sulla genealogia del soft law.
    Si possono trovare antenati di soft law nel regime giuridico medievale e in particolare con la lex mercato ria. La genealogia neo – medievalista fa rivivere il fascino del Medioevo, gettando un alone di fiaba sul soft law. I sostenitori di questo fenomeno affermano che assomigli all’ordine giuridico medievale nei tratti che riguardano il pluralismo e il sistema tecnico della legge. La genealogia neo – medievalista è strutturata come una narrazione. Comparatisti, sociologi del diritto e giuristi internazionali di diritto privato la raccontano come una storia d’amore del pluralismo giuridico medievale. Si parla addirittura di “Romanzo” del pluralismo giuridico medievale, attraverso il quale Grossi, prendendo in prestito dal filosofo Capograssi la nozione di “Esperienza giuridica”, indaga sul complesso della realtà storica e giuridica del Medioevo. Nel dibattito sulla globalizzazione del sistema giuridico del diritto medievale e dei regimi di soft law, essi vengono avvicinati a due diverse, ma allo stesso tempo simili “esperienze giuridiche”. Gli storici del diritto hanno osservato che il pluralismo è una caratteristica fondamentale del diritto medievale. Mosso dalla volontà di favorire una teoria sociale sul diritto all’integrazione, all’idealismo, Harold Berman racconta che tra XI e XII secolo ci fu una rivoluzione giuridica fondamentale che si verificò in Europa Occidentale. Coinvolto dalla “rivoluzione papale” nel 1075, Papa Gregorio VII affermava la supremazia politica e giuridica del Papato su tutta la Chiesa e sul potere temporale e l’indipendenza del clero. La rivoluzione fu una forza motivante nella crescita di sistemi giuridici autonomi, a cominciare dal diritto canonico sviluppato dalla Chiesa Cattolica Romana. Il pluralismo giuridico si origina nella differenziazione tra politica ecclesiastica e politica laica. In risposta alle nuove esigenze sociali ed economiche, nacquero il diritto mercantile e il diritto urbanistico. Il delicato equilibrio tra unità e pluralità dimostrò una forza dinamica e produttiva. Berman sottolinea la complessità di un ordine giuridico comune che contiene diversi sistemi giuridici e come questi hanno contribuito ad una sofisticata evoluzione giuridica. In sintesi, sostiene Berman che il pluralismo giuridico medievale ha indotto alla diversità economica, politica; ha indotto la crescita, lo sviluppo e la libertà. In modo simile, Paolo Grossi dipinge la complessità e il pluralismo, come tratti centrali dell’esperienza giuridica medievale. L’ordinamento giuridico medievale è percepito come un’esperienza giuridica unitaria, costituita però da una pluralità di ordinamenti giuridici e di molteplici autonomie locali.
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  6. ...Vedi sopra...
    Questo pluralismo è specchio di una graduale “volgarizzazione” della legge, nutrita dalla coesistenza di ius commune e iura propria. Si stava, così, trasformando la struttura dell’ordinamento giuridico: insinuandosi la legge volgare accanto alla legge ufficiale. Nell’analisi di Grossi, la volgarizzazione del diritto implica una molteplicità di forze sociali che vanno a riempire il vuoto lasciato dalla disintegrazione dell’Impero Romano ed in risposta alle esigenze peculiari dei vari gruppi sociali. Nella società altomedievale, il chierico e il mercante invocavano “l’auto – esecuzione” della legge: principio della personalità. Si istituirono una pluralità di norme, poste in essere da istituzioni locali e vale a dire regni, principati, signorie. Per Grossi, come per Berman, il pluralismo medievale è un fenomeno dinamico, in quanto crea una fertile tensione tra unità e pluralità. E le voci che concorsero alla costruzione dell’ordinamento giuridico medievale furono: autorità politiche, associazioni mercantili, enti ecclesiastici.. inoltre, nell’indisciplinato mondo medievale, il pluralismo giuridico è visto come garanzia contro i pericoli della vita quotidiana. Il romanticismo del pluralismo giuridico medievale, è un motivo ricorrente nel discorso sulla soft law. L’alto grado di frammentazione e di ordine giuridico globale soft è sorprendentemente simile a quello medievale. Il pluralismo giuridico di oggi comporta una molteplicità di organismi di diritto. Parliamo, infatti, di diritto sportivo, diritto dell’informatica, diritto sociale e dei servizi, diritto turistico. Questo pluralismo è visto come una fonte di libertà e di efficienza e una garanzia di autonomia.
    Un ulteriore aspetto in base al quale la soft law è spesso confrontata con la legge medievale è il rapporto tra la fattualità e la normatività. Suggerisce Marc Bloch come nel mondo medievale gli uomini erano assai vicini alla natura e sottoposti a forze ingovernabili: i costumi, gli usi, erano diventati la sola fonte viva di diritto. Quindi, accanto al diritto scritto, c’era un ampio margine di tradizione puramente orale. Questa tendenza è stata particolarmente significativa in Germania e Francia, dove la legge non era più basata sulla parola scritta, ma le norme venivano conservate e trasmesse per via orale. Allo stesso modo, nei Paesi dove i testi antichi sono sopravvissuti come oggetti di studio, i bisogni sociali avevano creato un gran numero di nuovi “usi”. Si è assistito ad una simbiosi feconda tra pratica e scienza. Il Rinascimento del XII secolo ha lasciato la sua firma sulla filosofia, arte e giurisprudenza. La legge era il prodotto di una scienza giuridica che era allo stesso tempo sofisticata e basata sull’esperienza di fatto; essa divenne il frutto delle esigenze sociali. I giuristi crearono raffinate invenzioni giuridiche di pratica sociale, pur conservando la loro vitalità pragmatica. Tutto ciò, non è solo per dire che il diritto nasce dai fatti, ma anche per notare la vitalità e l’autosufficienza della sua genesi; in assenza di una struttura centralizzata istituzionale. Nell’esperienza giuridica medievale, questi usi hanno esercitato una vera e propria forza normativa, eclissando il legame genetico tra il diritto, il potere e la sovranità. Spogliato della sua dimensione verticale, il diritto è considerato come proveniente spontaneamente da forze sociali, al di là e al di sopra del potere politico. La soft law economica, per esempio oggi, si sviluppa e si evolve secondo le esigenze delle transazioni economiche globali ed è estremamente elastica nel rispondere agli interessi dei destinatari. Gunther Teubner dice che la soft law è particolarmente efficace al fine di accogliere le esigenze del rapido cambiamento economico e dei processi di integrazione. La lex mercatoria era il corpo organico di norme che disciplinarono i rapporti tra mercanti di fiere, porti marittimi; essa mostra caratteristiche quali l’integrazione, l’auto – applicazione e l’universalità. Costituita da principi, concetti, regole e procedure.
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  7. ...Vedi sopra...
    La lex mercatoria era in gran parte il prodotto dei costumi e delle pratiche della classe mercantile ; suoi due tratti fondamentali: informalità e uguaglianza. Auto – applicata dalla classe mercantile che l’ha generata, tramite arbitrati privati mercantili. Un efficiente sistema di tribunali mercantili si originò in Italia intorno al 1150 e si diffuse in tutta Europa. Con lo sviluppo degli Stati sovrani, del sentimento nazionalista, l’applicazione della lex mercatoria si è ridotta drasticamente. Il superstite diritto romano consuetudinario, compreso lo ius gentium, era sufficiente per risolvere le problematiche commerciali nazionali ed internazionali che sorsero in Europa Occidentale. L’ordinamento subì un processo di positivizzazione.
    Nel tardo XX secolo, tuttavia, riappare una “lex mercatoria nuova” con la solita caratteristica pluralistica e privatizzata. E nel 1960 i commentatori hanno percepito ciò come un ritorno all’idillio medievale. A livello istituzionale, quest’evoluzione riflette l’emersione di organizzazioni professionali quali: la Corn Trade Association, la Camera di Commercio Internazionale, la Conferenza dell’Aia di diritto privato internazionale, l’Unidroit delle Nazioni Unite e altre organizzazioni che hanno posto le basi per lo sviluppo di una nuova legge transnazionale mercantile. Sviluppandosi, così, la soft law economica, favorendo l’autonomia mercantile, la libertà contrattuale e la flessibilità.
    La genealogia neo – medievalista va però criticata per certi aspetti. Il Medioevo è stato preso come ispirazione storica, sociale e politica; in vari campi, il romanticismo medievale è stato impiegato per camuffare progetti politici. A livello di cultura popolare, è stato filtrato attraverso le lenti di Tolkien e Disney: è sinonimo di un desiderio d’evasione. Invece, è stato criticato da Scott, Ruskin e Morris, in quanto rifletteva, in realtà, progetti conservatori, utopie socialiste. L’immaginario neo – medievalista evoca un mondo favoloso in cui gli stessi destinatari hanno predisposto autonomamente i propri sistemi normativi, che rispecchiano le loro esigenze. Ma, ad un esame più attento, il fatto di evocare il fascino del pluralismo medievale per descrivere il regime giuridico globale, non è poi così corretto. Le due esperienze giuridiche (quella medievale e quella globale), anche se a prima vista simili, devono essere tenute distinte. Mentre le caratteristiche che definiscono l’ordine giuridico medievale sono l’assenza di un potente Stato nel senso moderno e l’incompletezza del controllo politico, l’ordine giuridico globale attuale non è privo. Nel Medioevo si poteva osservare la legge senza uno Stato; il periodo compreso tra il IV e il XIV secolo è caratterizzato da un relativo vuoto politico. Secondo Grossi, la formula “incompletezza del potere politico”, allude alla mancanza di qualsiasi vocazione unificante della dimensione politica, in particolare la sua incapacità di unificare e assorbire la varietà dei fenomeni sociali. Per contro, moderne teorie sul pluralismo giuridico sostengono che il diritto dello Stato mantenga un ruolo centrale; incapaci di immaginare un ordine medievale, senza la presenza di uno Stato globale. Pertanto, l’osservatore medievale vuole sbarazzarsi di uno “statalismo psicologico”, cioè abbandonare una prospettiva ben radicata di Stato centralizzato e “ascoltare il coro di voci provenienti dal mondo medievale al fine di catturare il loro timbro autentico”.
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  8. ...Vedi sopra...
    La soft law prolifera sullo sfondo di un movimento contraddittorio: da un lato il passaggio verso una società senza Stato e dall’altro la persistenza del sistema degli stati – nazione. Una società senza Stato convive con una moltitudine di Stati, portatori di interessi nazionali e quindi ognuno alle prese di mantenere la propria competenza legislativa e giurisdizionale: una società basata sulla nuova lex mercatoria e su una specie di arbitrato commerciale internazionale. Tuttavia, la lente del neo – medievalista non riesce a catturare la complessità del globale ordine giuridico in cui lo Stato è ancora centrale. Inoltre, tutto ciò è anacronistico, in quanto la connessione che collega il diritto medievale alla vita sociale è tagliata in epoca moderna e solo in parte restaurata in epoca post moderna. Nell’ordine medievale, il vuoto dell’incompletezza del potere politico è stato colmato dalla nascita di società spontanee e dalle loro relazioni di fatto. E’ in epoca moderna che come disse Grossi “..nonostante le foglie di fico del diritto naturale..” del XVIII e XIX secolo, il diritto decade e si separa dal suo intimo legame con la società. Nell’era post – moderna, la soft law visualizza una miscela di spontanei organismi di diritto ibridi (privati – pubblici). Per esempio, la “nuova lex mercatoria” confonde la distinzione tra pubblico e privato, nonché tra processi spontanei e organizzati. Inoltre, questo romanzo del neo – medievalista sulla soft law è ambiguo, in quanto sottolinea l’autonomia privata, la libertà contrattuale, l’efficiente flessibilità e adattabilità, mentre oscura le disuguaglianze distributive, le differenze di potere e i vincoli strutturali.
    Infine, la favola sulla lex mercatoria è di dubbia esistenza: alcuni sostengono che il diritto medievale era significativamente più complesso di quanto la favola assumesse; altri dubitano sulla sua effettiva esistenza e rilevanza. Il termine “lex mercatoria” è assente dalle fonti primarie ed è stato usato raramente nel sud Europa. Inoltre, un osservatore ci ricorda che la lex mercatoria esiste almeno nella misura in cui gli studiosi ne hanno discusso. E’ interessante notare che il romanticismo della lex mercatoria è un mito soggetto a riprese cicliche in diverse culture e contesti storici. L’idea di lex mercatoria cittadina ha assunto il ruolo di un potente strumento di legittimazione; il rilancio di quest’idea in Germania dopo la rivoluzione del 1948 riflette una sensibilità romantica nazionalista. Sulla base del concetto romantico che il diritto deve scaturire dallo spirito del Volk, Levin Goldschmidt considera come potenziali rappresentanti del Volk e considera come diritto mercantile il prodotto finale di uno sviluppo organico e storico, relativamente immune da contaminazioni estranee. In Francia, la rinascita della storia del diritto, alla fine del XIX secolo e la rinnovata attenzione alla dogana commerciale e agli usi che ha assunto, ha favorito un allargamento dell’orizzonte dopo quasi un secolo di formalismo. In Inghilterra, la diffusa insoddisfazione con il diritto ordinario, ha promosso l’istituzione di un apposito tribunale di commercio. Nel XX secolo, l’idea di una “nuova lex mercatoria” ha di nuovo una funzione cruciale in quanto legittimante e sostenitrice del romanticismo di una nuova classe mercantile globale con autonomi attori economici che formano in modo flessibile le loro leggi.
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  9. ...Vedi sopra...
    Nonostante le contraddizioni e le ambiguità, la soft law viene vista come strumento per l’armonizzazione del diritto europeo. Le invocazioni di idee e immagini presi in prestito dal Medioevo sono giustificate per la loro potente forza legittimante. Il dibattito sulla soft law ha due dimensioni principali: rispettivi meriti di soft law e hard law e anche il duello tra diversi e a volte opposti progetti di armonizzazione soft. C’è da dire che a livello puramente strumentale, gli strumenti di legge soft si rilevano spesso carenti per quanto riguarda l’attuazione, innescando a volte imprevisti ed effetti controproducenti. A livello di obiettivi politici, viene tenuto nascosto il fatto che i meccanismi di soft law, mentre comportano una pluralità di attori, tendono a rafforzare il potere di “attori” visibili ed influenti, non tenendo in considerazione quelli meno in vista. Inoltre, accentuando una graduale armonizzazione blanda, permette ai suoi proponenti di lasciare le grandi questioni senza indirizzo. La genealogia neo – medievalista prevede la soft law come lo strumento ideale per il rafforzamento del mercato e per rispondere alle esigenze degli affari della comunità internazionale. La genealogia sociale è invocata da coloro che ritengono i regimi giuridici soft, i mezzi più efficaci per attuare una nuova visione della politica sociale. Secondo Savigny ed Ehrlich la soft law può riflettere la Geist della mercatocrazia globale.
    La soft law tende ad essere vista come la soluzione a tutti i mali europei e al capitalismo globale. Tuttavia, dietro il velo retorico di “morbidezza”, si nascondono meccanismi istituzionali molto diversi e determinate conseguenze a livello distributivo.
    Concludendo, si dà troppa importanza ai vantaggi di soft law e hard law, mentre viene rivolta scarsa attenzione a strategie alternative, a vocaboli diversi come distribuzione o discriminazione. Bisognerebbe superare il discorso sulla legge soft e riappropriarsi di tali vocaboli.

    Eleonora Cannatà

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  10. Riguardo al Decreto di Graziano ho trovato illuminante la relazione “ La ricerca attuale sul Decretum Gratiani” tenuta da Carlos Larrainzar il 14 marzo 2002 nell’ Università Pontificia della Santa Croce e raccolta nel testo curato da De Leòn e da Alvarez de las Asturias “ La cultura giuridico-canonica medioevale”.
    Larrainzar per spiegare l’oggetto dei suoi studi si serve delle parole che nel 1984 il grande maestro Stephen Kuttner aveva pronunciato all’Università di Cambridge considerando gli acta et agenda su Graziano.
    Kuttner diceva allora: - Without exaggerating much, one can say that they are nearly all conected in some way with the question, what is a safe text of Gratian’s book for us to work with?-
    Quale testo del Decretum Gratiani è sicuro?!? Come raggiungere una testualità affidabile per il nostro lavoro di ricostruzione del passato?!?
    Carlos Larrainzar risponde al quesito posto da Kuttner ricordando il lavoro di Landau sulle fonti formali del Decreto, quello di Lenherr sulla scelta dei manoscritti per l’edizione di un testo critico dell’opera di Graziano e infine lo studio di Weigand che ha valutato i codici antichi attraverso le glosse. Di tutte queste ricerche, aldilà delle loro conclusioni materiali, a Larrainzar interessa molto la riflessione sul metodo per ottenere il “testo critico”; da diverse prospettive è sempre presente la questione di come fare una corretta “scelta dei codici” per fissare la testualità e i criteri metodologici dell’eventuale combinazione nella scelta di letture. Tuttavia le posizioni dei suddetti studiosi, hanno sperimentato un riorientamento sostanziale da quando, nel 1995, come abbiamo visto a lezione, Anders Winroth fece con argomenti plausibili, ma non con prove sufficienti, la sua ipotesi sull’antichità di pochi manoscritti, fino allora considerati “abbreviazioni tardive” del Decreto; alcune osservazioni lo portavano alla conclusione che in essi si evidenziava una redazione breve dell’opera, precedente a quella più diffusa. L’ipotesi di Winroth convinse Weigand o, come ha osservato Larrainzar, Weigand si convinse della veridicità di quelle ipotesi a partire dalle sue molte verifiche su circa 160 codici della tradizione antica. Per dimostrare il fondamento codicologico della tesi di Winroth, Weigand considera come dato certo il fatto che i tre codici, Aa Bc Fd, che erano considerati “abbreviazioni tardive” del Decreto, non sono abbreviazioni e pertanto quei codici testimoniano l’esistenza di una prima redazione dell’opera, più breve e antica dell’altra estesa diffusa generalmente. A quella relazione di codici Weigand ne aggiungerà nel 1997 un altro, il manoscritto P e Larrainzar stesso una quinta testimonianza, il frammento Pfr, nel 1998. Così, nei suoi studi Weigand ci parlerà di una “prima redazione” che quei codici mostrano irregolarmente recensita: una “prima” redazione antica, diversa dall’altra posteriore, presente negli altri codici, in cui si può leggere anche quella “ prima” ma ampliata e un po’ modificata. L’entusiasmo di Weigand fu tale che, essendo così pochi i manoscritti con le caratteristiche specifiche di questa prima redazione, pensò che fosse possibile e conveniente fare un’”edizione critica” del Decreto. Larrainzar poi ci ricorda che gli ultimi studi di Weigand vollero chiarire il valore di tali codici antichi e il loro metodo d’uso in quella futura e possibile edizione; ma allo stesso tempo, verificò l’effettiva esistenza di quella redazione mediante un’analisi di dati ben contrastanti sulla quasi totalità della tradizione manoscritta conosciuta. Weigand rilevò parecchi indizi nel testo divulgato del Decreto che evocano la redazione antica. Per Larrainzar dunque sarebbe questa la strada per identificare gradualmente la testualità originale dell’opera di Graziano, un’ardua strada il cui crocevia sta nel dialogo con gli studi di Weigand e nell’imitazione dei suoi metodi di lavoro, sia per individuare la sua prima redazione che per svelare il processo di composizione del Decretum.
    ...continua...

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  11. Ma in sintesi quale sarebbe il punto di vista di Carlos Larrainzar?!? Tre sue affermazioni sono importanti a riguardo. Prima: il codice fiorentino Fd è la fonte diretta e immediata della tradizione manoscritta del Decreto divulgato, il manoscritto in cui l’antica Concordia breve (la prima edizione di Weigand) si trasforma in un Decretum esteso; in questo senso può essere considerato il “manoscritto originale” del Decretum Gratiani. Seconda: il manoscritto svizzero di St. Gallen testimonia l’esistenza di una redazione più antica della prima edizione dei manoscritti antichi. Terza: la formazione letteraria del Decreto di Graziano deve essere intesa come l’evoluzione di un testo vivo composto per tappe, in revisioni irregolari, parziali e successive, e nella sua origine più antica non fu mai una “raccolta dei canoni antichi” ma qualcosa di simile a un “manuale di docenza”. C’è da dire che tutta la ricerca di Larrainzar è stata svolta indipendentemente ma in simultanea con quella di Winroth. Con il suo “The Making of Gratian’s Decretum”, Winroth vuole andare oltre la negazione del carattere di “abbreviazioni” ai codici Aa Bc Fd. Qui la sua antica tesi, per Larrainzar, appare trasformata in una “ nuova tesi” sulla Redaktionsgeschicte (storia della redazione) del Decretum; cioè dalla distinzione di solo “due redazioni” in “due recensioni” o tradizioni manoscritte diverse vuole offrirci una spiegazione generale sulla formazione letteraria dell’opera. Il Decreto di Graziano ora, per Winroth, non è un’opera, ma due, due opere diverse, attribuibili a due diversi autori perchè entrambe sono state composte con diverse fonti formali e la penna di ogni autore si distingue per la diversa conoscenza che l’uno e l’altro ebbero del Diritto Giustinianeo. Dunque l’uso dialettico dei termini “prima recensione” e “seconda recensione” del Decreto di Graziano è al servizio di questa personale descrizione della Redaktionsgeschichte, presentata come se fosse la “realtà diacronica” della storia. Secondo Larrainzar, lo studio di Winroth manca di un’analisi completa dei codici antichi e sono molto scarsi i contrasti con le decine di manoscritti che vengono considerati posteriori; la sua ricerca codicologica è quindi insufficiente a fondare le conclusioni che vuole trarre. Anche Viejo-Ximènez ha dimostrato che una buona parte del discorso di Winroth non corrisponde con i dati dei codici ed ha anche criticato il valore del termine “seconda recensione”: una nozione dialettica, così vasta ed estesa come diacronicamente vuota, poiché è utilizzata per raggruppare in modo sincronico il contenuto di tutti i codici che non vengono considerati di “prima recensione”; non è quindi un concetto positivo, ma una nozione dialettica residuale la cui validità come realtà diacronica continua ad essere ingiustificata.

    Laura Infante

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