giovedì 6 dicembre 2012

Diritto canonico e formazione delle categorie giuridiche moderne

Concludendo il discorso sulla vestitura / Gewere abbiamo riconosciuto una funzione importante alle logiche giuridiche canonistiche nella formazione di alcuni principi del diritto vigente. Cosa conoscete di questo fenomeno?

14 commenti:

  1. Spesso troviamo nel diritto canonico dei richiami allo ius civile o lex civilis, insomma allo ius saeculare,cioè il diritto posto dall’autorità secolare,in particolare dallo Stato. Il rapporto che intercorre tra ordinamento canonico e ordinamento statale è quello di due sovranità differenti che si trovano sul medesimo territorio e che agiscono su soggetti in parte comuni ma con competenze differenti. La Chiesa riconosce la sovranità dello stato nell’ordine che a questo è proprio, infatti per le materie attinenti lo Stato rinvia al diritto secolare. Esistono però delle materie che oggettivamente hanno una valenza sia nel piano temporale sia nel piano spirituale,e sono le materie miste. Un tipico esempio è dato dal matrimonio,istituto civilmente rilevante ma che se contratto tra battezzati è sacramento.
    In alcuni casi il diritto canonico rinuncia a disciplinare con proprie norme per evitare il rischio che tale disciplina non produca effetti anche nell’ordinamento dello Stato sul cui territorio si pone tale situazione. Se la Chiesa avesse interesse che quanto fosse posto nel proprio ordinamento valga anche nell’ordinamento statale e questo problema non si sia risolto con degli accordi, la Chiesa preferisce utilizzare il diritto statale avendo in questo modo la medesima disciplina in entrambi gli ordinamenti. Ad esempio il can. 1290 dispone che le norme di diritto civile vigenti nel territorio sui contratti e sui pagamenti, siano ugualmente osservate per diritto canonico in materia soggetta alla potestà di governo della Chiesa. Cosi le norme civili divengono anche norme canoniche.
    Nel suo libro “Diritto comune” ho trovato una parte a mio avviso attinente. Il ricorso al termine “dos” che fin dal IV sec. indicava il corredo di beni indispensabile a garantire la sussistenza di un nuovo edificio ecclesiastico e che era stato denominato dos in fonti conciliari iberiche. L’uso si era poi esteso fino a designare il patrimonio delle chiese come dos ecclesiae.Interessante è stato scoprire l’analogia della tradizione ecclesiastica che rappresenta il rapporto tra il vescovo e la sua chiesa come un matrimonio mistico; ma le fonti indicano che l’uso del termine dos per indicare il patrimonio fu precedente alla diffusione della metafora del matrimonio del vescovo con la chiesa, che si trova attestata con certezza solo nelle Decretali pseudo- isidoriane. A partire dal IX sec. comunque,il parallelismo tra patrimonio costituito dalle famiglie dei coniugi per la sussistenza della nuova famiglia e quello conferito alla chiesa dal patrono fu completato dall’analogia che accomunava il rapporto vescovo- chiesa a quello di marito-moglie.

    Zobeide

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  2. PARTE I

    Il diritto romano è una fonte storica molto importante del diritto moderno, ma non è l’unica. Infatti, anche le altre fonti, ad es. il diritto germanico e la dottrina canonica, hanno prodotto profonde influenze sul diritto moderno. Per quanto riguarda il possesso, alcuni aspetti sono influiti ovviamente dal diritto germanico e canonico. Nel diritto germanico, l’istituto corrispondente al possesso è la Gewere, la quale è rimasta ancora oggi un istituto di cui sono incerte le origini e la vera struttura giuridica; e che abbiamo ampiamente analizzato. Come il possesso romano, anche la Gewere significa un potere di fatto sulle cose, però, come istituto germanico, essa ha le sue proprie caratteristiche. Sappiamo che significa una signoria di fatto sulla cosa corrispondente all’esercizio di un diritto reale, ed è molto simile al possesso romano. Però non possiamo dimenticare che il diritto germanico ed il diritto romano sono nati in diversi popoli, in diverse età e con diversi sfondi culturali. Tali elementi determinano differenze ovvie tra la possessio e la Gewere. In diritto romano la possessio era tutelata a prescindere del diritto.
    Nel diritto germanico, la Gewere comprendeva il più forte interesse del Proprietario. I Romani danno alla tutela processuale del possesso un carattere proprio distinto da quello del diritto corrispondente. Essi considerano il possesso come un istituto giuridico, come uno stato di fatto per sé creatore di effetti giuridici. I Germani, invece, non capiscono come si potesse proteggere il fatto senza il corrispondente diritto. Salvo il diritto germanico, nell’età medievale anche il diritto canonico ha prodotto grande influenza. Esso ampliò notevolmente la difesa del possesso, estendendo l’actio spolii a tutelare, da un lato la detenzione, d’altro il possesso dei diritti, anche personale e perfino di famiglia. Questa rielaborazione del concetto del possesso trova la sua spiegazione nella peculiare situazione dell’epoca: nella quale sotto l’impulso della Chiesa e nell’ autorità dello Stato si era venuta costituendo una quantità di diritti collegati con il possesso e con il godimento del fondo, con cui l’individuo, non sufficientemente garantito dallo Stato, cercava di difendersi mettendosi sotto la protezione della Chiesa.

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  3. PARTE II

    Il concetto del possesso si dilatò anche all’esercizio della potestà vescovile, in questo caso era collegato al godimento dei beni assegnati al vescovo sotto l’autorità della Chiesa; e così un vescovo, cacciato con la forza del suo vescovato, quindi dal godimento dei beni, subiva contemporaneamente uno spoglio del suo ufficio, ma insieme anche del possesso dei beni. Il vassallo che, cedendo i suoi beni al monastero o al signore, entrava in un rapporto di vassallaggio per propria difesa, cacciato con la violenza da questo rapporto, lo era anche dal possesso dei beni. La proprietà in quei tempi era gravata da oneri e mal difesa, cosicché sorse la naturale idea di estendere quanto più possibili i limiti della tutela possessoria contro la violenza. Tale estensione non fa però opera dello Sato, ma della Chiesa, la quale si sostituì ad esso colmando la lacuna e creando una tutela possessoria robusta, che grazie ai giuristi della seconda metà del secolo XII, si fuse con quella di origine romana e di origine germanica, e finì per rinnovare e per riempire tutta la materia possessoria. L’evoluzione fu naturalmente graduale.
    In un secondo tempo si passò all’actio spolii, che può dirsi segnare il passaggio da una forma di tutela contro lo spoglio, ad un vero e proprio istituto di tutela processuale del possesso. Tale transizione era agevolata da un lato dalla fusione del diritto ecclesiastico con il diritto civile; e d’altro lato dalla stessa trasformazione graduale dell’exceptio spolii, la quale si andò inserendo nel possesso, assumendo struttura processuale.
    Il risultato di tale rivoluzione fu che dell'excepstio spolii rimasero deboli tracce, e che lo spogliato ebbe d’ora in poi a sua disposizione un’autentica eccezione processuale se inserita nel caso di un altro processo, e una azione possessoria indipendente se non pendeva altro processo ed egli intendeva agire contro lo spoglio in modo autonomo. Inoltre, nello stesso tempo, il concetto del possesso fu esteso ai diritti di famiglia, ai rapporti personali, ad ogni diritto incorporale ed alla detenzione, come è affermato nei canoni 1694 e 1699, cod.iur.canon.

    Giulia Onesti

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  4. La logica giuridica canonista ha sicuramente influito nella formazione dell’odierna teoria della persona giuridica. Probabilmente, come ci ricorda Ruffini, l’interessamento a questo fenomeno da parte della Chiesa era dovuto per la “necessità stessa delle cose di porre il suo centro di gravità nel concetto di persona giuridica facendo di questa la monade della immane organizzazione”. Quindi la creazione della teoria della persona ficta ad opera di Sinibaldo Fieschi, è cosa aderente al processo di cristallizzazione in una rigida gerarchia di uffici ed enti da parte della Chiesa. Ed è teoria non di poco conto, visto che oltre ad essere più avanzata rispetto a quella di universitas, costruzione delle fonti romane, non passò inosservata alla Pandettistica ottocentesca e in conseguenza all’esperienza dei giorni nostri. Basti pensare che, con vicinanza all’odierna disciplina, Innocenzo IV avvertiva che, trattandosi di persona “ficta”, certi comportamenti riconducibili all’agire umano, non gli sarebbero potuti essere ricondotti se non per il tramite di un rappresentante. “Impossibile est quod universitas delinquat” – diceva. Ma l’esistenza del delitto corporativo nel diritto comune, dimostra che, anche se accolta, l’idea di finzione non ostacolò la convinzione che anche la persona giuridica potesse delinquere. Certo, è altamente probabile che la novità non fu inventata da Sinibaldo Fieschi, essendo state trovate testimonianze dell’uso corrente in Francia e in Inghilterra di termini che designavano la personificazione degli enti, ma ciò non toglie che il ruolo svolto dalla Chiesa tramite il potere di rivestire di autorità anche principi giuridici, sia stato contributo fondamentale per la moderna teoria generale del diritto privato.

    Fonti:
    F.Ruffini - Classificazione delle persone giuridiche in Sinibaldo Fieschi
    E. Cortese - Le grandi linee della storia giuridica medievale
    Gaetano Castro - itinerari moderni della persona giuridica

    Federico

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  5. Dalle recenti lezioni è emerso che la Gewere/vestitura fosse un rimedio processuale che poteva essere invocato da un ecclesiastico vittima di un precedente spolium : ovvero della privazione irrituale di una posizione nella gerarchia, con tutti i godimenti materiali e spirituali ad essa collegati. Il procedimento di spolium è formalizzato per la prima volta nelle Decretali pseudo-isidoriane : in base alla quale le persone vittime dello spoglio potevano chiedere di essere reintegrati nelle funzioni e nel godimento dei beni ad esse collegati, appunto di essere “revestiti”. Le cose che dicono il falsario sono quelle che poi sovraintendono al processo e diventano la base del processo evolutivo occidentale. Dunque le fonti canoniche sullo spolium ci mostrano la gewere nella sua dinamicità: attraverso il procedimento della vestitura e dell’actio spolii che portava alla rivestitura. Il possesso romano era altra cosa dalla vestitura tutelata dal procedimento di spoglio e gli interdetti ponevano alcuni limiti. I civilisti avevano limitato la figura del possesso ai beni materiali, quindi per uffici pubblici, status personali, diritti di credito, i procedimenti possessori romani erano inutilizzabili. Qualche lezione fa si è evidenziato come fu Uguccio a trarre dalle norme raccolte da Graziano principi generali da applicare in ogni circostanza. Si ritiene che Uguccio quindi abbia voluto fondere la dottrina canonistica con la civilistica. Sempre relativamente all'actio spolii abbiamo analizzato il dibattito, molto presente nella storia, riguardo alla sua applicazione, cioè se fosse un istituto riservato al clero ovvero estensibile a tutti,e abbiamo osservato analizzando l’ultimo dossier come Francesco Ruffini concluse a favore della sola applicazione nei confronti dei vescovi.
    Marco De Simone

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  6. Il diritto canonico recepì e sviluppò gran parte del diritto romano permettendo cosi che divenisse un importante punto di riferimento per i sistemi giuridici odierni.
    Uno dei più evidenti aspetti di influenza del diritto romano sul diritto canonico è rappresentato dall'utilizzo da parte di quest'ultimo della terminologia giuridica romana in molti contesti, ad esempio l'utilizzo dei vocaboli “auctoritas” e “potestas” per indicare il potere dei vescovi o del papa e i termini “decreta”, “edita”, “constitutio”, utilizzati per designare gli atti legislativi del Papato. Nonostante ciò il diritto canonico ha certamente contribuito a creare un sistema normativo che guidasse l’operato dell’uomo e che lo accompagnasse dal primo all’ultimo istante di vita. Bisogna innanzitutto riconoscere, prendendo le mosse da un aspetto dottrinale, ai canonisti il merito di aver delineato in modo più particolareggiato il concetto di diritto naturale, a cui il diritto romano aveva riservato poco spazio, preso in esame da Giustiniano nelle sue costituzioni e nelle Istituzioni. Graziano infatti nel suo Decretum, l' opera che getterà le basi per la codificazione giuridica della Chiesa, nel definire lo ius naturale riprende due aspetti dell'insegnamento di S.Agostino: “ius naturale est quod in lege et evangelio continetur” e “ ius naturale est commune omnium nationum, eo quod ubique instinctu naturae, non constitutione habetur”, volendo indicare con la prima definizione il codice scritto del diritto naturale, e con la seconda, la sua essenza.
    Inoltre si riconosce il contributo del diritto canonico nell'integrazione delle fonti creatrici del diritto, ad esempio la consuetudine, la cui teorizzazione moderna è di origine romano- canonica che attribuisce alla consuetudine un posto di sottomissione al controllo del legislatore, oltre all'attribuzione alla legge della caratteristica della generalità, che per noi, oggi costituisce, insieme all'astrattezza, una sua caratteristica essenziale, che è frutto dell'elaborazione dei canonisti medievali in contrasto con l'idea del precetto particolare. Oltre a questi aspetti dottrinali va tenuto conto dell'influsso del diritto canonico soprattutto negli istituti del diritto ove la morale è implicata in modo diretto, ad esempio negli status delle persone e in quei campi del diritto caratterizzati da relazioni interpersonali. L'esempio più caratteristico è probabilmente l'istituto del matrimonio, che nonostante la sua secolarizzazione rimane grandemente influenzato dalla maggior parte delle leggi elaborate dal diritto canonico.
    Ma bisogna anche considerare l'apporto nel diritto contrattuale, ove presenta illustre importanza l'elaborazione del precetto morale dell'osservanza della parola data della dottrina cristiana che influirà nella legislazione civile. Cosi anche il concetto di buona fede fu integrato dai canonisti, partendo dal concetto della bona fides romana che era intesa solo come bona fides iniziale per l'acquisto della proprietà mediante usucapione. Oltre ovviamente all'istituto della “vestitura”, che fatto proprio dal diritto germanico, presenta invece le proprie antichissime radici nell'opera dello scrittore cristiano Tertulliano.

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  8. Giorgia Gasbarri Attraverso lo studio della Gewere e attraverso la lettura dell'ultimo capitolo del libro "Diritto comune", che analizza lo sviluppo del concetto di personalità giuridica partendo da fonti altomedievali ,risulta evidente l'influenza del diritto canonico sullo sviluppo degli istituti giuridici per come li conosciamo ora. Fu l'imperatore Costantino che diede un impulso importante alla formazione del concetto di personalità giuridica dal momento in cui rese possibile effettuare le cosiddette "donazioni pro animo" alle chiese;questo comportò tra l'altro da un punto di vista economico il formarsi dei grandi patrimoni degli enti ecclesiastici.Nel capitolo del libro si approfondisce la teoria che i glossatori per primi hanno atrribuito a Mosè di Ravenna ,ossia l'idea che i beni che appartengano ad esempio a un monastero anche in caso di morte della comunità debbano rimanere all'ente stesso, perchè la proprietà di questi beni spetta all'edifico in quanto tale,alle mura del monastero.Questo concetto che Cortese studia in maniera approfondita lo troviamo anche in fonti altomedievali bizantine e nello stesso Digesto e sarà ripresa da alcuni germanisti come Heusler il quale proprio studiando doceumenti medievali sosterrà l'idea secondo cui è l'altare una volta consacrato a possedere la chiesa come edificio e tutto ciò che contiene. Queste teorie saranno poi confutate e non troveranno molta fortuna ma è interessante notare come protagonista della discussione sia gli edifici ecclesiastici. Siamo in un'epoca in cui a partire dalla fine dell'impero romano vedrà l'Europa divisa e senza un potere politico forte nonostante i vari tentativi di formazione di un Sacro Romano Impero; l'unico senso di unità tra i popoli molto diversi tra loro era dato dalla religione,era la Chiesa a garantire quel senso di universalità che era stato perso,era l'unico potere forte ramificato anche sul territorio grazie alla presenza dei vescovi.In questa società erano gli enti ecclesiatici a occuparsi delle questioni quotidiane e pratiche come per esempio l'appartenza dei beni a un monastero o a una chiesa. Il diritto come scienza che inizia a nascere nell'undicesimo secolo necessariamente dovrà occuparsi di queste questioni perchè riguardavano la vita delle persone e il funzionamento della società. Diritto canonico e diritto civile lavorano su piani diversi ma nel medioevo si occupano degli stessi problemi spesso influenzandosi,gli stessi giuristi studiano in alcuni entrambi.Il distacco tra i due avverrà quando la società inizierà a trasformarsi e cambieranno anche le necessità.

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  9. Spesso accade che tra il mondo ecclesiastico e il mondo civilistico ci siano rapporti che vanno anche oltre la normale convivenza presso medesime realtà territoriali, fatta di sovrapposizione di competenze e poteri giuridicamente rilevanti. Piuttosto si riscontra una certa fluidità con cui gli istituti giuridici medievali riescono a muoversi senza curarsi troppo dei confini tracciati intorno al diritto civile e canonico che, dunque, si influenzano reciprocamente.
    Spesso in questo corso mi sono interessato dell’evoluzione medievale del metodo di studio degli instituta più che del loro concreto manifestarsi nelle forme che i civilisti contemporanei osservano in altre sedi. La mia attenzione nei confronti dell’interazione tra diritto canonico e civile è stata determinata, tra l’altro, dal lavoro del mid-term exam.
    Lavorando alla dialettica come metodo d’indagine giuridica medievale, mi sono imbattuto in molteplici episodi storici, tra cui quello più scolastico, riportato anche da Cortese, che vuole Irnerio e Graziano procedere gomito a gomito in quel di Bologna; e quegli episodi che, invece, affondano di più le radici nella specificità delle questioni che ho trattato.
    Torno a sottolineare il modo in cui il diritto canonico ha influenzato, ad esempio, la produzione brocardica, come si evince dal Repertorium der Kanonistik di Stephan Kuttner, dove, nel capitolo “Brocarda der Dekretalisten”, vengono citate due delle più risalenti raccolte di brocardi canonistici: quella di Riccardo Anglico e quella di Damaso, databili la prima tra il 1191 ed il 1198, la seconda tra il 1210 e il 1215. Sempre Kuttner dà menzione di come una delle più grandi opere di Pillio, il Libellus disputatorius, sia fortemente intriso delle acquisizioni di Sicardo da Cremona, un decretista che ebbe particolare risonanza in tema di presunzioni.
    Ancora, il diritto canonico vive di un incedere simile a quello del diritto civile, cui nulla deve e dal quale si differenzia per specifici profili, individuati da Severino Caprioli in un’edizione critica di modi arguendi. Qui si tratta infatti di come spesso i canonisti avessero minor libertà di ragionare rispetto ad un civilista, giacché le loro produzioni dovevano essere finalisticamente orientate al rispetto di Dio e della sua legge, al perfezionamento della dottrina ed alla salus animarum cui ogni scritto canonista era in fondo rivolto.
    Da qui si riesce a comprendere anche come la decretale Saepe riesca ad interessarsi di temi processuali quali la vestitura e lo spoglio, cogliendone però le sfumature religiose nella parte in cui si afferma che il terzo acquirente eredita il vizio del possesso di chi spoglia e poi trasmette la res oggetto dello spoglio medesimo, non perché vi sia una riflessione in tema di acquisto a non domino (sul quale pur vertevano un gran numero di brani di Gaio, non conosciuto, e del Digesto, conosciutissimo e studiatissimo da Irnerio in poi, pur in forme estremamente contraddittorie) che richiama problemi teorici che ci riportano all’opposizione di proculiani e sabiniani, quanto perché la condotta del terzo acquirente sarebbe peccaminosa e metterebbe quindi in pericolo la sua salvezza.
    Per concludere, reimmettendo sullo sfondo il tema della Gewere e di ciò che ruota intorno al possesso, è proprio merito dei canonisti se, dopo un iniziale arretramento della possessio romana, già evidente nell’annacquamento dell’usucapio che degenera nella longi temporis praescriptio, si torna prepotentemente a parlare di questi temi a causa del recupero della romanità voluto dalla riforma gregoriana. Così, dunque, per il tramite del continuo lavorio ecclesiastico, uno è l’approccio di quel giudice longobardo che rispedisce al mittente una sorta di reivindicatio a causa del tempo trascorso dall’origine della situazione giuridica su cui deve giudicare; altro è l’approccio di quei giuristi medievali che, dei rapporti privati incominciano ad osservare la derivazione dallo status, dalle obbligazioni e dalla consuetudine, finalizzando il loro studio al processo civile post-gregoriano.

    CORRADO D'ELETTO

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  10. Maria Domenica Padovano7 dicembre 2012 alle ore 12:44

    Al diritto canonico è da attribuire non solo la forte influenza in alcuni degli istituti e figure giuridiche del nostro diritto vigente sostanziale, ma, a ben guardare, anche del diritto processuale.
    Se è vero che, come abbiamo studiato a lezione, i principi generali che regolano il processo canonico furono ripresi dal diritto di Roma (Aimerico-Bulgaro ), pur vero è che il primo tribunale a dotarsi di una propria regolamentazione esaustiva e a raccogliere per iscritto le motivazioni delle sue decisioni, fu un tribunale ecclesiastico, ancora snodo centrale dell’apparato processuale canonico, l’unico tribunale medievale ancora oggi esistente, pressoché ininterrottamente. Faccio riferimento al tribunale della Sacra Rota, detto anche tribunale della Rota Romana dalla sua sede normale.
    Le primissime origini della Rota Romana sono da ricercare nella Cancelleria Apostolica, nella quale dopo il Cancelliere (poi Vice-Cancelliere) venivano l'auditor contradictorum ed i cappellani. A questi, prima caso per caso e poi stabilmente, era affidata l'istruzione delle cause (auditores causarum curiae domini papae), ma fu Innocenzo III a conferire loro il potere di pronunciare in sua vece la sentenza. Con Innocenzo IV e il primo Concilio di Lione i cappellani formarono un tribunale stabile e Giovanni XXII assegnò ad esso una sede particolare e nel 1331 con la bolla Ratio iuris riceve il primo stabile ordinamento organico (www.vatican.va).
    «Il tribunale era andato acquistando un'importanza sempre maggiore non solo per l'estensione della sua competenza, che invadeva persino il campo del diritto feudale […] Un primo riordinamento di questo tribunale, ai fini soprattutto di snellirne la procedura, fu compiuto nel 1418 da Martino V, il quale era stato uditore egli stesso al tempo di Bonifacio IX, in forza della costituzione In apostolicae dignitatis , con cui impose l'obbligo del giuramento agli uditori, dei quali determinò anche i requisiti, unitamente a quelli dei notai; decretò che le decisioni fossero conformi alla legislazione canonica e civile, ordinando che di ciascuna venissero precisati i caratteri determinanti» (Niccolò Del Re, La Curia Romana. Lineamenti storico-giuridici, 1998).
    Successivamente, nel 1747, Benedetto XIV con la Cost. Iustitiae et pacis precisò l’ambito di competenza giurisdizionale della Rota stabilendo un elenco tassativo di cause di sua competenza (le cause di beatificazione e di canonizzazione, le cause concernenti la nullità della professione religiosa e lo scioglimento dagli ordini sacri, le cause contenziose civili, ecclesiastiche e laiche, le cause beneficiali e matrimoniali, nonché tutte le cause maggiori provenienti dai tribunali inferiori, per cui la Rota viene ad assumere quasi la natura di tribunale di appello).
    È in queste, solo accennate, fasi storiche che io vedo le radici di quello che è oggi il nostro ordinamento giudiziario.
    Breve accenno voglio fare anche al secondo merito che probabilmente è da attribuire al tribunale rotale. Gli uditori della Rota ebbero l’idea, originale per il tempo, di mettere per iscritto le motivazioni delle decisioni del tribunale, “tanto che in pochi decenni la Rota cominciò a dotarsi di una propria giurisprudenza” (Mario Ascheri, Introduzione storica al diritto medievale, 2007).
    Ad avviso dell’Ascheri queste sono raccolte di giurisprudenza in senso stretto, raccolte di opinioni giudiziarie. Infatti sono raccolte di decisioni e non di sentenze, non vi si trova ciò che i giudici decisero in concreto sul caso esaminato, ma la motivazione di diritto, utili anche per poter pensare di avvicinarsi all’orientamento che la stessa corte avrebbe potuto prendere in futuro su un caso simile.
    E questo secondo aspetto, a mio avviso, è da ricercare non solo il legame con qualsivoglia raccolta giuridica contemporanea, ma anche con il modello del “precedente giurisprudenziale” nei sistemi di common law.

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  11. Arrivo in ritardo rispetto ai miei colleghi, per quanto riguarda la riflessione sull'applicazione delle categorie giuridiche del diritto canonico nella formazione del diritto vigente. Ma, su Google Books, ho trovato alcune pagine di P. Fedele sulla giuridicità dell'ordinamento canonico, che vorrei osare confutare. Fedele sostiene che l'ordinamento canonico è un unicum al mondo, per delle peculiarità che ha. Prima fra tutte, la concezione della società ecclesiastica, che è antivolontaristica e anticontrattuale; ciò vuol dire che il soggetto passa in seconda posizione, e ciò che è al centro è l'istituzione. Poi che la fonte è trascendente, divina, e che del soggetto che deve osservare la norma bisogna guardare anche il foro interno. Che l'ordinamento canonico si situa nel tempo, ma è extratemporale ed extraspaziale; ed inoltre che il fine dell'ordinamento è esterno, ed è la salvezza delle anime. Fedele, dunque, critica, per la presenza di queste peculiarità, la pretesa di studiare il diritto canonico "civilisticamente" e sostiene che gli istituti del diritto canonico siano irriducibili a quelli statuali. Io mi trovo completamente in disaccordo, alla luce di tutto ciò che abbiamo studiato ed affrontato a lezione. Fedele immagina un ordinamento canonico quasi ascetico, che mai è esistito nella storia. A mio parere, fin dalle origini, la Chiesa è stata inserita nel mondo, perchè non è un'istituzione così astratta, e si è sempre interessata anche di problemi terreni. Altrimenti, non ci sarebbero mai state idee cesaropapiste e la Chiesa non avrebbe mai così profondamente condizionato le vicende temporali. Le categorie di diritto canonico sono sì applicabili alle fattispecie civilistiche, perchè mai sono state loro così lontane, come vorrebbe far intendere Fedele.

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  12. Mi sono imbattuta proprio oggi in una questione del genere, studiando diritto romano e l’evoluzione dell’istituto della praescriptio : questo nacque nell’ambiente provinciale per giustificare l’acquisizione di fondi provinciali attraverso il trascorrere di un lungo periodo di tempo, con un godimento pacifico e indisturbato da parte del proprietario. La durata della praescriptio è sancita dalla Codificazione Teodosiana in 30 anni, a tutela di qualsiasi situazione possessoria prolungatasi per questo periodo di tempo : si viene quindi a creare una sovrapposizione tra usucapione e prescrizione, che arriverà fino a Giustiniano. Egli, infatti, in una sua costituzione viene ad introdurre gli elementi della buona fede e del titoli, necessari alla nascita di una tutela processuale per le situazioni possessorie di fatto, non tralasciando però di specificare che esiste un tipo di protezione azionabile anche da colui che abbia acquisito senza gli elementi essenziali, ma che sia disturbato nella sua situazione con violenza o malafede. Questa nuova concezione andava ad adattarsi meglio ad una cornice economico-sociale molto mutata rispetto all’epoca classica, che proteggeva meglio tutte le diverse ed articolate posizioni possessorie che si erano delineate. In questo contesto si inserisce l’intervento dei glossatori e quello successivo del diritto canonico : i primi tesero a conservare l’istituto recepito dal diritto romano, concentrandosi sugli aspetti della res habilis (ad essere usucapita), titulus, fides, possessio e tempus. Il diritto canonico, al contrario, s’interessò particolarmente alla fides e affermarono che era requisito essenziale di ogni prescrizione canonica e civile, non solo al momento dell’immissione nel possesso ma anche durante il periodo necessario all’acquisizione del diritto. Nell’evolversi del tempo vediamo che recepiscono questa concezione diversi Statuti di alcuni regni d’Italia, quali quello Lombardo-Veneto, lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana, mentre altri si ispirarono al Code Civil français, il quale ebbe poi più fortuna, essendo recepito nelle sue linee nel Codice Civile italiano del 1865.
    Questo è solo un esempio dell’influenza che ebbe il diritto canonico sul diritto civile, soprattutto all’epoca dei glossatori e dei commentatori, ma ho voluto illustrarlo in quanto problematica “attuale” nel mio percorso di studio.
    Martina

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  13. Parte I
    Il diritto canonico e il diritto secolare hanno nel corso dei secoli, pur procedendo parallelamente, intessuto una rete fittissima di relazioni reciproche. In particolare nella Chiesa si è sempre ritenuto che, nel rispetto di determinate condizioni e ricorrendo alcuni requisiti, che la legge civile potesse aspirare ad assurgere, secondo diverse gradualità, a fonte generale dello ius canonicum.
    Nel rapporto tra ordinamento canonico e ordinamenti statali siamo di fronte a due sovranità che si trovano sul medesimo territorio e agiscono su soggetti in parte comuni, ma con competenze in materie diverse (materie spirituali per la Chiesa e materie temporali per lo Stato). La Chiesa, società sovrana nel suo ordine, riconosce la sovranità dello Stato nell’ordine che a questo è proprio, infatti non disciplina materie che attengono allo Stato ma rinvia per quelle al diritto secolare.
    Pietro Agostino D’Avack, del quale abbiamo parlato a lezione, nel volume “Lo studio e l’insegnamento del diritto canonico ed ecclesiastico in Italia” ci parla del problema di come e se un atto di volontà dell’ordinamento canonico venga assunto quale atto produttivo di conseguenze giuridiche nella sfera del nostro ordinamento. Posto che per la regolamentazione della materia ecclesiastica la Chiesa viene a svolgere la sua attività legislativa e ad emanare i suoi canoni nella sfera di sovranità dello Stato italiano, qual è la natura e la posizione che quest’ultimo riconosce a tale diritto e quale il valore giuridico che riconosce ai suoi canoni? Se la Chiesa ha interesse che quanto posto nel proprio ordinamento valga anche nell’ordinamento statale e questo problema non si sia risolto con degli accordi, la Chiesa preferisce utilizzare il diritto statale avendo in questo modo la medesima disciplina in entrambi gli ordinamenti. Ad esempio il can. 1290 dispone che le norme di diritto civile vigenti nel territorio sui contratti e sui pagamenti, siano ugualmente osservate per il diritto canonico in materia soggetta alla potestà di governo della Chiesa. In questo modo le norme civili divengono anche norme canoniche.


    Sara Astrologo

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    1. Parte II

      Quando il diritto canonico richiama lo ius civile fa riferimento all’ordinamento giuridico secolare richiamato nella sua totalità, quindi anche norme giuridiche che sono entrate a far parte di questo ordinamento, cioè non sono state poste dal legislatore ma sono state positivamente accolte come diritto. Il richiamo delle norme secolari può avvenire con diverse modalità:
      a)rinvio formale o rinvio non recettizio: si ha nei casi in cui l’ordinamento canonico è incompetente a disciplinare una certa materia di competenza propria dello Stato e riconosce effetti giuridici alle norme poste da questa. Ad esempio il can. 1059 dispone che il matrimonio dei cattolici è retto non soltanto dal diritto divino ma anche da quello canonico, salva la competenza dell’autorità civile circa gli effetti puramente civili del matrimonio.
      b)presupposizione della legge civile da parte del diritto canonico: quando l’ordinamento canonico prende atto di quanto è stato prodotto nell’ordinamento secolare e a questo riconduce effetti giuridici. Ad esempio il can. 1405 sancisce che il Romano Pontefice ha il diritto esclusivo di giudicare nelle cause spirituali o annesse alle spirituali i capi di Stato, ciò significa che il diritto canonico riconosce dalle norme costituzionali chi è il Capo dello Stato.
      c)canonizzazione delle leggi civil: cioè le norme civili richiamate vengono assunte come norme canoniche. A differenza del rinvio formale, questo comporta un rinvio mobile alle norme così che se queste mutano nell’ordinamento originario, muta anche l’ordinamento canonico adeguandosi. Le norme civili canonizzate sono assunte nello stesso significato che hanno nell’ordinamento di origine ma con un preciso limite dettato dal can. 22 secondo cui le leggi civili vengano osservate nel diritto canonico con i medesimi effetti, purché non siamo contrarie al diritto divino e se il diritto canonico non dispone altrimenti. Dunque
      la Chiesa pur canonizzando le leggi civili, non rinuncia affatto al potere di emanare leggi sull’argomento, laddove successivamente decida in piena autonomia di regolarlo completamente, con precetti da essa dettati e può liberamente derogare alle leggi civili canonizzate.

      Sara Astrologo

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