giovedì 4 ottobre 2012

L'infallibilità e l'autorità

Molto interessanti i commenti di Giovanni e Alessandro. Non ho mai studiato il tema, ma certo l'accostamento fra la maiestas dell'imperatore deus del tardo Impero Romano e l'autorità suprema del Papa è un tema affascinante. Proprio il confine fra divinità e umanità è al centro di discussioni interminabili della teologia del IV e V secolo, mentre si costituisce l'idea medievale di sovranità ecclesiastica. Dunque infallibilità e assolutismo del princeps legibus solutus sono temi legati. C'è parecchia bibliografia sul tema, a partire dal classico Arcana Imperii di De Francisci. Ne parliamo lunedì, ma intanto potete inserire commenti qui sotto.

4 commenti:

  1. Lucrezia Ciocci

    A mio parere se vogliamo affrontare tale argomento può essere utile ragionare sull'evoluzione che i significati di Maiestas e Absolutio Legibus hanno avuto nel corso del tempo. Il mio è dunque un semplice intervento volto a ricordare la storia di questi due termini.
    Il termine Maiestas, inizialmente, indicava semplicemente la suprema dignità che caratterizzava il princeps e il termine Absolutio Legibus la possibilità per cui il princeps, in virtù del suo ufficio, potesse essere esonerato da alcune formalità del diritto in materia successoria.
    Dal III-IV sec. Con Diocleziano e Costantino viene esasperato l'aspetto dispotico della Maiestas e anche l'Absolutio vede mutare pian piano i suoi connotati originari; si sviluppa così una teoria di sovranità in cui la maiestas è così assoluta che l'imperatore si sente legittimato ad agire contra legem.
    Abbiamo davanti a noi un imperatore che si definisce come LEX ANIMATA IN TERRIS.
    Anche la figura del Papa e i suoi poteri mutano nel corso del tempo e il Pontefice si sente legittimato a legiferare perché è lui il vicario di Cristo e si crede quindi dotato di un potere maggiore rispetto a quello laico dell'imperatore che deve essere a lui sottomesso ed infatti viene sviluppata la teoria del sole e della luna.
    L'imperatore, invece, respinge questa teoria, lui è il legittimo erede di Roma ed è quindi legittimato a governare su tutta la Cristianità. L'impero preferisce proporre una teoria dei due Soli per cui a papato e impero spetta uguale dignità ma in ambiti diversi. Comunque infinti possono essere gli esempi di scontri e di tentativi conciliazione.

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  2. Lucrezia Ciocci

    A dimostrazione che gli esempi di scontri e le posizioni prese dagli intellettuali sono state moltissime nel corso del tempo e espresse in molti modi, trovo simpatico scrivere qui una frase tratta dalla Divina Commedia sull'argomento (Anche se Dante è lontano dal periodo che stiamo studiando):

    « 'l pastor che procede,
    rugumar può, ma non ha l'unghie fesse »

    (Dante, Divina Commedia, Purgatorio, Canto XVI)


    Il pastore che procede (ossia il pontefice) può interpretare le scritture ma non è adatto a governare (La metafora è biblica).

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  3. CORRADO D'ELETTO

    Ritengo molto interessante il dibattito sorto sul Dictatus Papae.
    Sebbene l’intervento di Giovanni (nel precedente post) metta in luce il corretto spirito dello storico, che vede i germi degli eventi già in periodi molto antecedenti rispetto alla loro concreta manifestazione, la mia opinione sul Dictatus Papae è che questo documento non sia così fortemente indicativo dell’infallibilità pontificia, quanto piuttosto costituisca un tassello da innestare all’interno del dualismo chiesa-impero assieme alle molte – ed enfatiche – dichiarazioni di superiorità del potere spirituale sull’omologo temporale, di cui abbiamo esempio risolutivo, fra i tanti che potremmo citare, nelle parole del cardinale Enrico da Susa, passato alla storia come l’Ostiense.
    Porto a suffragio della mia tesi alcune ulteriori considerazioni.
    In primo luogo tutti conosciamo la natura incerta del Dictatus Papae: non si sa se sia una rubrichetta di principi destinata a qualcuno che la sviluppasse, magari in toni più smussati; oppure se fosse un documento destinato ad una nuda e cruda pubblicazione, allo scopo di tirare acqua al mulino della chiesa. Non mi sembra però un documento legislativo, né mi pare sia ascrivibile a quella serie di scritti che costituiscono le verità di fede.
    Sottolineava bene Alessandro, peraltro, che il dogma dell’infallibilità pontificia è stato oggetto di un concilio ecumenico non troppo distante da noi nel tempo, il che – a parere mio, ovviamente – è indice del fatto che la chiesa abbia ritenuto maturi i tempi per una tale affermazione, per giunta provocatoria, solo nel 1870. Tale affermazione era poi da ricollegarsi alla potestà di magistero, cioè di insegnamento, del pontefice quanto dei vescovi, contitolari del potere di governare la chiesa universale.
    Altro argomento, stavolta storico, che mi porta ad escludere che il pontefice abbia affermato la propria infallibilità ai tempi di Gregorio VII, è quello che concerne i singolari fatti di due concili: Costanza e Basilea. Se il papa fosse davvero stato infallibile, perché il collegio cardinalizio si è frantumato in tre tronconi, proponendo tre candidati pontefici? E perché Eugenio IV è stato costretto ad affermare la superiorità del concilio sul soglio pontificio tramite accuse strumentali provenienti dal cardinalato? Questo è segno che d’infallibilità ancora non si possa parlare, nonché è segno che i sogni ierocratici si erano già da tempo infranti a causa dello schiaffo d’Anagni e del grande scisma d’occidente. Forse, più propriamente, questa questione interessa il primato di giurisdizione piuttosto che l’infallibilità; ma di questo vorrei discuterne con voi tutti in aula.
    Tutto ciò, comunque, mi porta a dire che il Dictatus sia interessante per altri aspetti, che mi portano alla memoria il Decretum gelasianum ed il suo dualismo tutto teso tra la semantica dell’auctoritas e della potestas, che ha creato questa dicotomia fonte anche di inaspettate svolte dottrinarie, come quelle della persona ficta, cui si è approdato in tempi coevi ma percorrendo strade dissimili. D’altra parte, è solo con la creazione del dualismo che Ildebrando di Soana poté avanzare l’idea di una supremazia della chiesa sull’impero.

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  4. Giulia Onesti

    Come sappiamo nei secoli si sono succeduti molti Papi, questi si sono definiti infallibili quando si pronunciano in “materia di fede e di costume”, e proprio in base a questo potere hanno indotto diversi popoli a perseguire cerimonie ed insegnamenti. Del dogma dell’infallibilità Papale, però, non c’è traccia nemmeno nella Bibbia, ma come sappiamo viene istituito dal Concilio Vaticano I. Prima di questo concilio anche molti cattolici non rispettavano l’infallibilità.
    Per esempio, negli Stati Uniti era stato pubblicato il libro "Controversial Catechism" che recava l'Imprimatur dell'arcivescovo Hughes, in cui c’era questo quesito: "Domanda: i cattolici non devono credere che il papa è infallibile? Risposta: è un invenzione dei protestanti, e non un dogma della fede cattolica; nessuna sua decisione può essere vincolante sotto pena di eresia, a meno che non sia accolta ed applicata dal corpo dottrinale, cioè dai vescovi della Chiesa". Invece questa domanda fu soppressa nell'edizione successiva del Catechism.
    La ragione è chiara: dopo il concilio, l'infallibilità papale si rivelò essere non un'invenzione dei protestanti, ma un Dogma da accettare sotto pena di scomunica.
    Quindi anche secondo il mio parere, questo dogma è stato istituito solo per rivendicare negli anni, la superiorità che la Chiesa ha sempre ricercato rispetto all’impero, ma anche tra gli stessi cattolici c’era chi sosteneva il contrario.

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