sabato 3 dicembre 2011

Chi non rientra nel calendario?

Ho detto che non è necessario fare l'esposizione "pubblica" a tutta la classe. Ma se c'è qualcuno che vorrebbe farla e non ha fatto in tempo a inserirsi nel calendario può scrivere a me (e.conte@uniroma3.it) e vediamo se possiamo trovare qualche ora in più nella settimana del 19. Anche se qualche fuori sede sarà andato a casa a mangiare dolci natalizi, qualcuno a fare il pubblico ci sarà!

10 commenti:

  1. Professore, io ho fatto impazzire Aurora cambiando ripetutamente idea sull'argomento e su quando e come esporlo.
    Il mio lavoro tratterà il tema di Vacario e l'utilizzo del diritto romano nel mondo anglosassone.
    Avevo deciso di non fare più l'esposizione "pubblica" perchè ero un po' indietro ed avevo capito che il 19 sarebbe stata solo la lezione conclusiva.
    Se è possibile però mi inserirei per il 19 anche io.
    Grazie!

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  2. Andrea Fellini

    Salve professore anche io ero molto indeciso vorrei trattare il tema delle Falsificazioni,mi faccia sapere quando posso intervenire,anche per email eventualmente Grazie mille Arrivederci

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  3. Salve prof!
    mi saprebbe dire il nome di alcune riviste giuridiche specializzate in storia del diritto, in modo che possa cercare degli articoli presso il laboratorio informatico? ( sperando che l'università sia abbonata )
    Grazie, Manuel Alviano

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  4. fra le riviste italiane trova on line solo i Quaderni per la Storia del Pensiero Giusridico Moderno di Firenze. Ma sono liberi, senza abbonamento.
    Fra le straniere trova la Legal History Review su Hein on Line, e se non sbaglio anche Rechtsgeschichte sul sito del Max-Planck di Francofore (www.rg.mpg.de). Forse c'è il Journal of Legal History su Jstor. Sono più quelle che non sono on line di quelle che ci sono.

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  5. ciao a tutti, finalmente riesco a scrivervi in autonomia, sono tornata a casa e, antibiotici narcotizzanti a parte, mi sono abbastanza ripresa! Ringrazio il prof Conte per la pazienza e la solidarietà dimostratami ed ovviamente per essersi informato delle mie condizioni.
    Grazie anche a Giulia e a Marco C, con cui ormai intrattengo un rapporto epistolare per via dell'esposizione, per aver chiesto mie notizie a Marco , l'ho molto apprezzato!
    Ho saputo che Giuliano,Marta, Martina, Lucio e Paola hanno svolto una bellissima esposizione, bravissimi!Mi dispiace non avervi potuto ascoltare, in quanto su alcuni argomenti avrei voluto porvi degli interrogativi.
    Prof, visto che lei è un esperto di informatica, inventiamo un sistema di video-conferenza durante i suoi corsi?
    Scherzi a parte, ho visto che Lunedì ci sarà un'esposizione sulla Gewere, vorrei riassumere uno spunto che, lavorando sul mio lavoro circa la servitù medievale, ho trovato sul libro del prof.Conte "Servi medievali", che è stato la mia guida nel corso dei lavori preparatori al mio intervento.
    La dicotomia tra scuola civilista e canonista si è confermata anche all'interno del dibattito sulla servitù rurale, o comunque in generale sulle forme giuridiche di dipendenza. E' noto che la scuola civilista rifiutasse di applicare ai rapporti fra uomini istituti tipici del mondo delle cose, come la prescrizione ed il possesso (di cui fornivano infatti una visione molto più ristretta dei canonisti, che più per ristabilire gli antichi assetti e privilegi avevano proposto un'idea di possesso comprendente qualsiasi categoria della servitù,divenendo onnicomprensiva di tutti i rapporti di dipendenza).

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  6. Un famoso giurista, Guido da Suzzara, si pose in una posizione più isolata rispetto ai grandi esponenti del mondo civilista, Balduini, Azzone, Accursio, e si dedicò soprattutto alle richieste che dalla pratica giungevano alla scienza giuridica.
    Ciò non vuol dire che Guido avesse portato avanti la sua opposizione per ossequio nei confronti delle leggi della Chiesa, ma che piuttosto fosse più sensibile alle richieste dei pratici, dando loro maggior ascolto.
    Sappiamo che un punto fermo dei civilisti fosse quello di porre dei limiti all'utilizzo dilagante della prescrizione, applicata per consuetudine ai rapporti di soggezione personale. Il primo di questi limiti si sostanziava attraverso il richiamo alla disciplina di Giustiniano sul colonato, che impediva di considerare i rustici alla stregua di servi.La pratica si era però concentrata sul vincolo che legava il sottoposto al suo signore, caratterizzandolo in modo talmente stabile da farlo apparire quasi indissolubile. I professori avevano iniziato così a criticare la prassi degli avvocati di agire contro i contadini con azioni possessorie o con rivendicazioni in rem. Gli avvocati davanti a queste provocazioni confezionarono in modo più accorto le loro memorie di parte, ridimensionando il ruolo della prescrizione, dunque del tempo trascorso, al rango di presunzione. Il loro scopo era quello di far coesistere l'autorità del diritto colto con i radicati usi locali, sempre pronti ad inventare di sana pianta l'esistenza di un atto costitutivo dell'obbligo perpetuo che vincolava i rustici al proprio dominus.
    Il rimprovero nei confronti di questi esponenti deve però trovare un arresto di fronte al fatto che, effettivamente, gli usi che dall'alto medioevo erano giunti al XII secolo, non erano conoscitori delle situazioni giuridiche e dei legami tra soggetti e tra questi ultimi e le cose.
    A questo proposito merita un'osservazione la vicenda dei diritti reali, che si fondava su un impianto teorico di stampo romanistico riesumato per fronteggiare la diffusa mentalità possessoria vigente nell'alto medioevo.

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  7. Questa mentalità per lungo tempo fu presentata dalla storiografia facendo ricorso alla Gewere, nel quale (usando testualmente le parole del prof) "per tacer degli aspetti controversi, l'esteriorità della condizione di possesso può sostituirsi al titolo ed ottenere la tutela processuale indipendentemente da esso". Voglio sottolineare, come sapientemente espresso nel capitolo, che questa impostazione circa i diritti reali, risultava essere perfetta anche per i rapporti rurali nello schema del diritto consuetudinario: il dominus otteneva una ragionevole tutela solo per il fatto che che esistesse un rapporto di soggezione. Queste discussioni non possono essere considerate solo sterili esercizi accademici, ma una reazione della dottrina nei confronti delle esigenze poste dalla pratica. Questa visione di Guido non va vista come un obbligato ossequio nei confronti della chiesa, ma come un dar voce alle esigenze poste dal mondo rurale, che mal vedeva il rimpiazzo del suo assetto consuetudinario consolidato con le leggi romane.
    Bruns nella sua opera "Das Recht des Besitzes" suggeriva che le idee di diritto germanico in tema di possesso avessero influenzato gli istituti processuali ecclesiastici; seguendo questa impostazione, si potrebbe credere che entrambe le scuole abbiano sentito le stesse esigenze nell'esaminare il diritto della Chiesa.
    Liberandosi dalle idee romantiche e nazionalistiche che avevano dominato l'800, è interessante soffermarsi sul processo di volgarizzazione del diritto , quindi sul c.d. diritto non colto, definito da Calasso diritto romonazo. In Germania, Stutz e Faine su tutti, avevano visto nel feudalesimo il fondamento principale della disciplina canonistica. Il mondo germanico vedeva infatti nel feudo la sua struttura più caratteristica, che si esprimeva nel mantenimento degli equilibri consolidati in un alto medioevo accomodante verso gli squilibri causati dai rapporti di dipendenza nelle campagne (il mio gioco di parole equilibrio di poteri- squilibrio nei rapporti di dipendenza non è casuale, visti gli elementi caratterizzanti questi rapporti,che spesso sfociavano in veri e propri abusi).
    Anche la dottrina italiana diede su questo punto importanti contributi; Ruffini, Finzi, per citarne alcuni, avevano intravisto nel mondo germanico il motivo per cui la difesa possessoria avesse avuto un peso così determinante nella disciplina dei rapporti di dipendenza personale.

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  8. La quasi possessio iuris, la configurazione del possesso su elementi incorporali, fu collegata da Finzi all'influenza del mondo germanico ed in particolar modo alla Gewere, che, concentrandosi soprattutto sull'apparenza esteriore del diritto, appariva idonea a rappresentare al meglio l'applicazione del possesso a situazioni prive di un oggetto reale. Prendendo spunto dal lavoro di Naendrup sulle teorie della Gewere, Finzi, attraverso quest'applicazione, detta una differenza tra possesso romano e possesso germanico. Il possesso romano costituisce in quanto tale un diritto reale, mentre la Gewere germanica, non prescindendo dal diritto che la produce, è in grado di tutelare il diritto attraverso un'azione difensiva basata su di essa.
    Spero che questo spunto possa essere interessante, visto che abbiamo ampiamente parlato di questi temi a lezione; avevo piacere di riportare queste riflessioni rispetto al tema che ho voluto approfondire, proprio per dimostrare come il ruolo dei giuristi sia un'indiscutibile fonte di mediazione tra teoria e pratica del diritto.
    Spero di essere dei vostri al più presto, sono molto curiosa di sentire i prossimi lavori, anche se non ho dubbi sulle vostre capacità. E' una bella occasione per conoscerci meglio, almeno accademicamente parlando, se si può dire così. Confermo che il tema da me trattato il 19 dicembre verterà sulla servitù medievale ed in particolare sul consilium di Balduini e sul trattato de hominiciis di Martino da Fano.
    Spero che ci sarete, festività permettendo, così potrò trovare nella vostra attenzione un supporto morale e forse dei nuovi spunti di riflessione.

    Dafne.

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  9. Dafne ha scoperto l'origine del mio interessamento per il possesso e la Gewere: è nella ricerca che ho fatto tanti anni fa sui servi medievali, visti giuridicamente.

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