sabato 29 ottobre 2011

Le sottigliezze del diritto

Vedo che le Quaestiones de Iuris Subtilitatibus vi interessano. Vogliamo provare ad approfondire il tema? Si può anche partire dal post di uno di voi, in cui però la data però è sbagliata. Ci sono molte ipotesi, ma il 1050 non credo sia stato mai proposto. Chi la attribuì a Irnerio (Fitting) poteva pensare a un anno intorno al 1100. Poi Hermann Kantorowicz (Studies in the Glossators, 1938, un libro straordinario) ha proposto come autore il Piacentino, e saremmo verso il 1170-80. Ora Gouron propone un maestro di teologia parigino, un certo Alberico, e una data verso il 1165. Il suo articolo dovrebbe essere on line su www.persee.fr. Ecco la citazione: A. Gouron, Les «Quaestiones de jiuris subtilitatibus» : une oeuvre du maître parisien Albéric, in Révue Historique, 618 (2001), 343-362.
Provate a mettere le mani su questi testi e integrate con il manuale di Cortese.

15 commenti:

  1. Mi scuso per la data inesatta,dopo diversi approfondimenti sono riuscito ad arrivare su per giu ad una data,l'opera è stata recentemente attribuita al maestro parigino Alberico da monte che l'avrebbe scritta fra il 1159 e il 1168 dopo un soggiorno a Bologna, Cortese al contrario propende decisamente per una sede di produzione italiana(mantova o piacenza o un altra città padana)e per una datazione precisa l'anno 1160 poco prima poco dopo.

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  2. Andrea Fellini

    Mi scuso per la data inesatta,dopo diversi approfondimenti sono riuscito ad arrivare su per giu ad una data,l'opera è stata recentemente attribuita al maestro parigino Alberico da monte che l'avrebbe scritta fra il 1159 e il 1168 dopo un soggiorno a Bologna, Cortese al contrario propende decisamente per una sede di produzione italiana(mantova o piacenza o un altra città padana)e per una datazione precisa l'anno 1160 poco prima poco dopo.

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  3. Andrea Fellini

    http://www.cairn.info/revue-historique-2001-2-page-343.htm

    qui trovate pag 343 di Andrè Gouron Les « Quaestiones de juris subtilitatibus » : une œuvre du maître parisien Albéric, basta cercare sullo stesso sito e troverete in formato pdf quindi da scaricare le pagine citate dal professore.Basta cercare

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  4. Nel manuale di Cortese, e precisamente nel capitolo sulle scuole preirneriane di diritto, il problema della paternità delle Questiones de iuris subtilitatibus viene collegato a quello della presunta esistenza di una scuola di diritto romano a Roma ancor prima che a Bologna e, più precisamente, dell'esistenza di una cattedra di diritto romano tenuta da Irnerio. Quest'ultima ipotesi è stata fortemente sostenuta dal Fitting sulla base dei racconti di Odofredo e di un errore di stampa contenuto nella biografia di Irnerio scritta da Giovanni Battista Caccialupi (corretto dallo stesso autore). In virtù di ciò, stando ai cd "sogni fittinghiani" come li chiama il Kantorowicz, Irnerio proprio a Roma avrebbe scritto l'operetta Questiones de iuris subtilitatibus. Smentita l'esistenza di una scuola preirneriana a Roma viene meno l'idea di una paternità Irneriana dell'opera e il Kantorowicz, a questo punto, avrebbe sostenuto in maniera piuttosto convincente quella del Piacentino (l'operetta sarebbe stata scritta intorno al 1160 a Mantova, prima della partenza per Montpellier), accantonata (stando a quanto letto nell'articolo di André Gouron) in seguito agli studi di Ginevra Zanetti (che sosteneva che l'opera fosse stata scritta a Roma o a Ravenna tra il 1127 e il 1137), di Ugo Nicolini (che data l'opera tra il 1122 e il 1152 in Italia) e di Ennio Cortese(che ripropone una datazione intorno al 1160 tra Mantova e Piacenza; e infatti nel suo manuale il contenuto dell'opera viene esposto nel capitolo sulle scuole minori a riprova del fatto che Cortese ripudia la collocazione cronologica proposta dal Fitting). Successivamente, scrive Gouron, si sarebbe tentato da più parti di ristabilire le origini francesi dell'opera: Bruno Paradisi ha proposto autori italiani operativi in Francia. Segue poi una parte dell'articolo che sfortunatamente non sono riuscita a capire bene; tuttavia sicuramente Gouron afferma che l'autore delle Questiones non è soltanto un romanista e un retorico. Egli è senza dubbio un "elegante canonista" (si pensi ad esempio all'uso dell'espressione "servato ordine judiciario" estrapolata da Graziano).

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  5. Delle Quaestiones esistono due edizioni critiche: quella di Fitting, che la mette sotto il nome di Irnerio, e quella di Ginevra Zanetti, fatta sotto l'influsso di Calasso, per il quale l'operetta era il frutto più interessante della scienza giuridica del XII secolo.
    Io non sono riuscito a trovare una versione on line, a parte le prime due pagine che vi ho indicato. Voi ci riuscite?

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  6. Purtroppo finora sono riuscita a trovare soltanto qualche altro frammento del testo oltre al proemio, non una versione integrale.

    Comunque mentre svolgevo la ricerca è saltato fuori un sito che mi ha incuriosita molto, "Bibliotheca Glossatorum", e che purtroppo non riesco ad aprire... Si tratta di un'iniziativa a cui ha preso parte anche lei, Professore?

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  7. Nel terzo capitolo del testo “Le grandi linee della storia giuridica medievale” , Ennio Cortese precisa che le prime operette dal taglio elegante delle c.d. Scuole minori sono le “Questiones de iuris subtilitatibus”, di autore sconosciuto. L’opera, ripartita in 28 paragrafi in cui sono discussi problemi privatistici e processuali, si apre con un proemio sontuoso costruito intorno alla figura allegorica del templum iustitiae, ossia del tempio abitato dalla Giustizia e dalle sue figlie: la religio, la pietas, la gratia, la vindicatio, l’observantia e la veritas. Davanti al tempio compare un personaggio di nobile aspetto che ha ai suoi piedi alcuni discepoli (auditores) con i quali discute: costoro gli rivolgono delle domande ed egli, in quanto interpres, risponde. L’autore si mette in ascolto, fa tesoro degli insegnamenti e li riproduce testualmente nelle sue Questiones. Dopo una lunga trattazione sul rapporto tra diritto naturale, diritto civile e diritto delle genti, l’autore si lancia in una violenta invettiva contro gli Editti longobardi e il Capitolare italico, considerati norme obsolote, reclamando il ritorno al diritto romano.
    La maggior parte degli studiosi hanno discusso sulla paternita’ di quest’opera pervenutaci anonima e mutila: il Fitting, secondo cui le Questiones costituiscono l’opera piu’ enigmatica della scuola dei glossatori civilisti, l’attribuisce ad Irnerio, fondatore della scuola di Bologna. La tesi del Fitting e’ stata combattuta sia cercando di dimostrare, come ha fatto Ennio Cortese, che l’opera sia anteriore al sorgere della scuola di Bologna, sia attribuendola agli ultimi decenni del secolo XIII, come ha fatto il Kantorowicz, il quale ha riconosciuto come autore, sulla base di ragioni stilistiche, il Piacentino. L’ipotesi suggestiva del Kantorowicz ha avuto un certo seguito, ma e’ stata principalmente respinta dagli studiosi Ginevra Zanetti, Ugo Nicolini ed Ennio Cortese.
    Riguardo al saggio di A.Gouron, pur adottando un traduttore, ho avuto estrema difficolta’ a comprendere il testo e di conseguenza non sono riuscita a fare un commento critico.

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  8. Andrea Fellini

    io ho in formato pdf dalla pagina 342 alla 362

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  9. Nonostante le varie ipotesi che sono state fatte attorno alla paternità dell'opera, molti degli autori concordano con un fatto: che le quaestiones fossero di origine italiana. Importante è evidenziare il contenuto: ne emerge una visione che potremmo definire "pro-impero". Questo perchè all'interno di essa, sono fortemente criticate tutte quelle leggi che venivano definite "personali". Per l'autore, non era più concepibile proseguire in questo modo, data la presenza di un'entità politica come l'impero, che aveva riunito vari popoli e che pretendeva di aver superato i vari particolarismi.Se l'impero era unito, doveva esserci unità anche nel diritto; oppure si accettava la molteplicità dei regni e delle leggi. L'attacco in questione, fu portato contro le leggi dei re longobardi ed i capitolari carolingi, ritenuti ormai obsoleti e soprattutto redatti da sovrani ignoranti, sprovvisti di conoscenza adeguata del diritto romano, ritenuto sempre al vertice. E' anche per questo che si ritiene, nella ricerca dell'autore dell'opera, che si tratti comunque di un glossatore.
    Tornando al discorso precedente, le questiones diedero vita cambiamenti: essendo la realtà ben diversa da come era descritta nell'opera, si cercò di trovare una conciliazione, tra il diritto romano (diritto imperiale) ed i diritti locali. E' qui quindi che iniziò la strada del diritto romano come diritto comune, come un diritto generale ed universale, al quale gli iura propria erano subordinati. Naturalmente ciò non accadde immediatamente: come anche troviamo scritto nel manuale di Cortese, agli inizi il diritto romano, non fu considerato comune e sussidiario verso altri, ma pretendeva il monopolio normativo. Gli altri diritti non erano subordinati; non venivano neanche riconosciuti.
    Per quanto riguarda il testo di Gouron, non posso dire molto, data la mia ignoranza del francese. Posso solo confermare ciò detto dagli altri colleghi del corso, riguardo alle varie ipotesi sulla paternità elaborate da Kantorowicz, la Zanetti e Nicolini, in quanto è la parte più comprensibile. Con l'aiuto di un traduttore ho cercato di andare avanti. Mi pare di aver capito che secondo Gouron, nell'opera sono ravvisabili impronte canoniche, di cui però non si riesce a ravvisare la fonte.
    Si ravvisano inoltre collegamenti con la Summa Vindobonensis e la Summa Trecensis e si nota come l'opera sia redatta in forma di dialogo, molto utilizzato a Parigi. La lingua utilizzata è un latino elegante che introduce però anche elementi rari della lingua classica.
    Si è poi escluso che il Piacentino ne sia stato l'autore; e si ritiene che l'opera non sia stata redatta a Montpellier, così come in ambienti provenzali. Gouron inoltre, non sembra neanche d'accordo con l'interpretazione di Cortese, che aveva ravvisato il luogo di scrittura dell'opera, nella zona del Po.
    Alla fine sembra concludersi che l'opera sia stata redatta a Parigi, da un autore che però ha acquisito conoscenze giuridiche a Bologna, passando anche per la Provenza; e sembra proprio che questo autore sia Alberico da Monte. L'ipotesi sembra suffragata dal fatto che Waclaw Uruszczak ha studiato uno scambio epistolare tra Gauthier de Mortagne ed un maestro A. che gli parla della formazione del vincolo del matrimonio, in modo molto simile a come era espresso nella Summa Trecensis e nel Lo Codi, e ciò avvicina l'autore della lettera e delle Questiones. Infine Gouron ritiene di poter datare la sua redazione tra il 1159 ed il 1168, ritenendola un classico esercizio di stile di un dialettico ansioso di mostrare la sua conoscenza del tessuto legale dell'epoca.

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  10. Gouron nel suo articolo offre una sintesi dettagliata e completa delle posizioni dei vari storici del diritto sulla paternità, collocazione geografica e datazione dell'opera in questione. Un punto che mette d'accordo tutti gli storici è l'eleganza e la ricchezza del latino del testo e il gusto per le allegorie e le figure retoriche.
    Zanetti definisce addirittura la disputa sulla provenienza dell'opera "omerica". Infatti, nel tempo, si sono succedute varie tesi ma nessuno è mai riuscito nella sua ricerca ad affermare la "supremazia" della propria teoria. Fitting attribuisce l'opera ad Irnerio e la data nel 1082 a Roma. Questa tesi venne accolta da altri storici tra cui Palmieri, Gaudenzi, Besta e Solmi. Tuttavia Cortese, nel suo manuale, smentisce fermamente l'ipotesi di una Scuola pre-irneriana a Roma.
    Silvani nel 1933 riprende le teorie di Fitting, teorie che furono radicalmente confutate da Kantorowicz, uno storico emigrante dalla Germania, che attribuisce l'opera a Piacentino in gioventù nel 1160 a Mantova prima della partenza per Montpellier.
    Dopo l'ultima Guerra ci sono state nuove tesi, tra cui quelle della Zanetti, che l'opera tra il 1127 e il 1137 a Ravenna o Bologna; Nicolini la colloca a Roma tra il 1122 e il 1152; Cortese invece riprende il Kantorowicz tranne che per l'origine geografica collocandolo in una cittadina nei pressi del Po.
    Non sono state numerose le ipotesi su una paternità francese, comunque Bruno Paradisi ravvisa dei collegamenti a diversi scritti francesi quali "Summa Trecensis" di Geraud, "Manscritto di Londra" di Aubert de Beziers e il "Manoscritto di Torino" di Gui Francesc, ma attribuendolo sempre ad autori italiani.
    E' interessante l'idea di Gouron che sostiene che la conoscenza giuridica dell'anonimo autore sia di gran lunga inferiore alla sua retorica e al suo latino, sicché è propenso ad escludere che sia stato un pioniere della rinascita del diritto. Inoltre, analizzando il testo coglie delle influenze canoniste. In conclusione, Gouron illustra la sua tesi per cui data l'opera non prima del 1159 e non dopo il 1168 a Parigi con autore Albéric. Riguardo il contenuto dell'opera ho trovato interessante la strutturazione dell'indice in forma sistematica, come quella dei pandettisti. Quindi già evidenzia una ripresa dello stile del diritto romano che diventa strumento volto al superamento del principio della personalità del diritto e tornare a un diritto universale capace di eliminare tutti i particolarismi normativi che si erano sviluppati.

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  11. Grazie professore per i vari link! Sono stata fuori tutto il ponte e ho visto solo oggi gli approfondimenti e i post. Ho letto l'articolo e ho provato a sottolineare alcuni aspetti che erano stati poco considerati dagli altri.
    Gouron si propone in questo articolo di dare una nuova paternità e un nuovo luogo di nascita alle Quesiones de iuris subtilitatibus. Il punto su cui tutti gli storici sono d'accordo è l'eleganza e preziosità del latino e il gusto per le allegorie e le figure retoriche, nonché la sapienza nel loro uso. Al di là di questo l'opera desta dubbi e molte sono le teorie sull'autore, la data e il luogo di nascita. Gouron passa brevemente in rassegna queste teorie a partire da quella del Fitting passando per Kantorowicz, Zannetti, Nicolini e Cortese. Afferma poi chela critica ha tralasciato “une piste capitale”: infatti dice che per quanto sapientemente nascosta è possibile con la lente d'ingrandimento rintracciare una profonda conoscenza del diritto canonico. Il misterioso autore non è solo un romanista con grandi conoscenza e abilità retoriche ma è egalement canonista, e questo è il primo dato importante ai fini della sua ricostruzione.
    L'anisisi è strettamente testuale e molto incentrata sulla lingua.

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  12. Quello delle Questiones è uno stile colto, ricco di vocaboli rari della lingua classica ( enondare per esempio , che rimanda alle pseudo ciceroniane rethorica ad erennium ); questi vocaboli sono usati solo da un ristretto gruppo di glossatori, tutti collocabili in Francia, e mai da Irnerio e dai suoi quattro allievi ( il cui stile è al contrario semplice e asciutto). Individua poi un collegamento fra l'autore e la Provenza da un lato, e Bologna dall'altro. É vicino agli ambienti provenzali e in particolare a Geraud e alla sua summa trecensis. Molti sono i collegamenti fra le due opere e la trecensis è precedente. Questa collocazione temporale consente di risolvere la questione nata sulla base del par 10 capitolo II . E' un passo che ha creato non pochi problemi agli storici e li ha costretti a recuperare i “fantasmi del diritto naturale e delle genti”. Mi spiego meglio: questo paragrafo 10 dice che la civitas può darsi sia jura communia che jura propria, sulla base di questo è inutile andare a ripescare quei fantasmi, la faccenda è molto più semplice di quel che sembra, le questiones sono posteriori alla Trecensis e nella Trecensis è già elaborato il pensiero di Bulgaro secondo cui sia il diritto comune che quello speciale possono nascere dalla consuetudine. E qui l'autore reperisce uno dei due contatti con Bologna. Gouron individua anche un collegamento con le opere Rogeriane, successive questa volta alle questiones, rovesciando l'ipotesi di Kantorowicz che invece vedeva le questiones stesse influenzate da Rogerio. L'argomentazione di G è semplice: tutta l'opera dell'anomino è incentrata sulla contrapposizione fra ius e factum, struttura ben più semplice della quaestio rogeriana.. Ad ogni modo siamo ancora in ambiente provenzale ed è questo quello che conta. Per quanto riguarda Bologna si ipotizza che l'autore possa aver soggiornato lì, almeno una volta, e abbia potuto conoscere le tesi di Bulgaro e Martino come dimostrano i paragrafi 10 del secondo capitolo e il par 4 .Quando l'alunno chiede se è possibile per i reges transalpini derogare al diritto romano ora che di fatto comandano su Roma, la risposta riprende la tesi bolognese secondo cui versare il stato di errore ( ignorare il diritto bizantino) non consente di abrogare il diritto romano. Questi però sono gli unici contatti con Bologna, per il resto l'opera non ha niente a che vedere con i maestri bolognesi.

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  13. Tornando sul testo fondamentale si rivela il paragrafo 11 capitolo2 dove viene delineata la differenza fra il diritto e le altre artes, qui si parla di una città in cui le partes philosophiae sono insegnate a livelli così alti che tutte le arti...?????. Tale città, dice G. non può essere che Parigi. E tutto sembra trovare una collocazione: lo stile, il vocabolario, la retorica e la conoscenza della materia canonica sono parigini, la formazione giuridica è bolognese e provenzale. Ma si tratta ancora di capire chi sia effettivamente l'autore; utile è la testimonianza di Giovanni da Salisbury che afferma di aver avuto come maestro un certo Alberico, un fanatico delle quaesiones, che amava enondare qualsiasi nodo controverso, difficoltà. Secondo Gouron é il subtil Alberic l'autore delle questiones. Per quel che riguarda la datazione dell'opera egli la colloca fra il 1159 e il1168, non più tardi, perchè non sono presenti le influenze del piacentino ( che oltre a non esserne l'autore, secondo Gouron, lpare che non le conobbe per nulla). Tornando a qual che dice cortese, oltre alla diversa collocazione geografica, un ulteriore differenza, abbastanza scontata forse, salta subito agli occhi, Cortese propone l'opera come un manifesto politico, uno spaccato di vita di una città padana. L'opera è subito pratica e espone diritto cosi come esse deve essere applicato ( o almeno, si dice, nel proemio, qual è l'unico diritto che debba essere vigente). Guoron invece la presenta come un esercizio di stile, che per quanto possa rappresentare la realtà, è ben lungi dal voler essere “calata” nel concreto.

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  14. Le Quaestiones de Iuris subtilitatibus sono un'operetta giuridica la cui importanza è dovuta soprattutto al fatto che essa contiene un duro attacco al sistema delle leggi personali.Ciò che l'autore mette in luce è come i sovrani Transalpini hanno invaso le nostre terre e hanno imposto precetti per diritto di conquista;questo fenomeno ha determinato un pluralismo degli ordinamenti che è incompatibile con l'unità dell'Impero.A fronte di questa situazione si pone,secondo l'autore un'alternativa ineludibile:o l'Impero è uno e allora si deve affermare l'unità del diritto o si accetta la molteplicità delle leggi e di conseguenza però anche quella dei regni.Al di là del suo contenuto l'opera ha determinato anche delle dispute in ordine all'attribuzione della paternità.André Gouron innanzitutto rileva come Hermann Fitting attribuì la paternità dell'opera a Irnerio sostenendo che egli l'avesse scritta a Roma intorno al 1082 supponendo quindi che esistesse una scuola prebolognese a Roma.Il Kantorowicz si oppone a questa possibiltà e sostiene che la paternità dell'opera appartiene al Piacentino,il quale l'avrebbe scritta a Mantova intorno al1'1160.Quest'ultima opinione ebbe all'inizio ha avuto un certo séguito ma poi ha finito col essere abbandonata.Il Cortese in particolare pur condividendo col Kantorowicz che l'opera sia databile intorno al 1160 ritiene che essa sia stata scritta in una città nei pressi del Po.

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  15. Non sono un giurista, ma il proemio delle "Quaestiones" è davvero splendido, di una potenza visionaria e un'intensità allegorica dantesche. L'immagine è stata posta in relazione sia con la "Constitutio Deo Auctore" del Corpus Iuris Civilis che con le celebri allegorie del Lorenzetti. Chiunque fosse, l'autore era un prosatore superbo. Doveva essere un maestro di ars dictaminis, più che un arido glossatore.

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