mercoledì 26 ottobre 2011

Costruire un percorso di formazione

Gli interventi che sono stati proposti intorno al post "Da Gierke alla storia del diritto italiano" son veramente molto utili, perché hanno cercato di seguire a fondo alcuni spunti colti a lezione. In particolare, i contributi su Gierke e Tönnies/Esposito possono contribuire a creare un vero e proprio percorso di formazione originale, che non coincide con un libro particolare, ma è costituito da ognuno di voi. Perciò continuate a postare le vostre osservazioni, appoggiandole sempre su letture originali e particolari.

6 commenti:

  1. sono rimasta molto colpita dal paragrafo del capitolo secondo del libro blu “ le pretese di federico barbarossa e le resistenza dei civilisti” in particolare dall 'operetta quaestiones de iuris subtilitatibus, quasi fosse il manifesto politico del pensiero di questi primi glossatori. Purtroppo non sono riuscita a trovare il testo originale né molto materiale di commento su internet, aspetterò la fine del ponte per fare ricerche più approfondite in biblioteca. Anche leggendo solo il paragrafo che cortese dedica all'argomento (nel manuale di storia del diritto med. e mod.), mi sono resa conto della stuttura “dialettica” del proemio: una netta cesura divide la prima parte dalla seconda. Lautore contrappone l'allegoria del templum iustitiae e delle sue figlie, in cui regna l'armonia fra diritto naturale civile e delle genti al tumulto dell' invettiva contro la scena politica e culturale del suo tempo: le pretese di re barbari su un diritto perfetto e completo, finalmente riportato alla luce. Il proemio mi sembra anche una argomentazione contro chi sostiene l'esistenza della divaricazione fra diritto dei colti e diritto della pratica ( vissuto);infatti se è vero che per essere studiati e considerati dalla rinnovata scientia giuridica i diritti locali e particolari devono farsi stabili, cioè scritti, non è vero che il giurista medievale voglia chiudersi nella perfezione e precisione delle sue glosse: l'interesse verso la scena politica dimostra , al contrario, l'interesse pratico di questi “scienziati”. Pensavo che uno studio approfondito sul testo originale e un'analisi dell'opera e del contesto sociale ed politico in cui si inserisce potesse essere una buona idea per il lavoro finale, mi chiedevo e andasse bene o se fosse un argomento troppo vicino a quelli trattati nel libro blu.

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  2. Ecco il proemio. Purtroppo il testo completo non lo ho trovato.
    http://www.historia.unimi.it/sezione/fonti/corsodiritto1/a-d/subtil.htm

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  3. Vorrei proporre uno spunto di riflessione sul concetto di dialettica e dubbio in Abelardo, tema che è emerso mercoledì a lezione a proposito della concezione del diritto come un insieme di norme e disposizioni sulle quali e possibile basare argomentazioni o assolutamente pro o assolutamente contro riguardo un certo quesito. (Il racconto degli studenti di legge della sapienza che "sfidavano" gli altri studenti proponendo di appoggiare tutto e il contrario di tutto su qualsiasi cosa).
    Innanzitutto come saprete la Dialettica ha radici profonde nella storia, da Platone ad Aristotele, da Kant ( che la collegava direttamente alla natura della ragione) a Hegel (che la interiorizza e la ritiene necessaria per rendere concepibile la realtà composta da opposti; dialettica espressa secondo la tripartizione di tesi, antitesi e sintesi), ma ciò che mi sono chiesta è come si sviluppa al tempo di Abelardo? O meglio come il pensiero di Abelardo ha influito sul pensiero della Scolastica? Visto che mercoledì abbiamo detto che la scienza Scolastica è "aperta" perchè si forma sul dubbio, mentre con l'umanesimo la scienza diventa sistematica.
    Ho trovato due bei libri il primo si intitola "La fioritura della dialettica (X-XII sec.)" pagg. 205- 212 (http://books.google.com/books?id=R6pABF2OZWgC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q=abelardo%20diritto%20dialettica&f=false e http://books.google.it/books?id=R6pABF2OZWgC&pg=PA211&lpg=PA211&dq=abelardo+sic+et+non+diritto&source=bl&ots=EqhKbwt8Rq&sig=g_--cZjPDEXxpiUAHW4u4CVrlpY&hl=it&ei=8ZaqTsmQLcLb4QSzkuWTDw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=7&sqi=2&ved=0CE8Q6AEwBg#v=onepage&q=abelardo%20sic%20et%20non%20diritto&f=false) ; mentre il secondo si intitola "Fondamenti e inizi IV-IX sec." entrambi della stessa collana "Figure del pensiero medievale" degli autori Biffi e Marabelli (se qualcuno ha voglia di vederli su google book è necessario aprirli più volte perchè le pagine che trattano abelardo in certi momenti non sono visibili) .

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  4. In entrambi viene analizzata la figura di Abelardo e il suo metodo di indagine, che consiste nel severo, attento esercizio del contrappunto della dialettica.
    Abelardo nelle glosse ai Topica di Cicerone definisce la logica e perciò la dialettica come scienza dell'eloquenza, o meglio, come scienza della distinzione degli argomenti; il logico è infatti colui che riesce a distinguere ciò che riguarda il reperimento degli argomenti (inventio) e ciò che riguarda la loro valutazione (iudicium). Per dimostrare ciò, nel suo scritto "Sic et non", egli analizza circa 150 problemi teologici, accostandole a ragioni a favore e contrarie, senza dare una soluzione, delle auctoritates da lui selezionate e raggruppate in capitoli così da costituire tra loro sempre affermazioni contraddittorie su determinati argomenti,facendo ciò non solo ci pone il dubbio che tutto ciò che viene scritto non è detto sia corretto e stabile ma soprattutto egli vuole offrire al lettore gli strumenti che gli possono consentire un approccio adeguato con queste contraddizioni.
    Qual'è il problema della contraddittorietà quindi di queste affemazioni? Il modo in cui vengono presentati, e secondo Abelardo il fatto che il lettore medievale non si accosta a queste affermazioni ricollocandole nel contesto originario dell'opera da cui sono tratte, ma che anzi il suo approccio è quello di scioglierle del loro contesto e posizionarle come brani "antologici" l'uno accanto all'altro (cosa che crea contraddizione in quanto quelle affermazioni possono essere frutto di periodi diversi, con culture e origini diverse). IL discorso purtroppo è molto lungo, ma comunque Abelardo formula delle regole che possono aiutare il lettore medievale nel risolvere queste contraddizioni, che sono perciò solo apparenti, e nel caso non si riuscisse ad armonizzare le affermazioni,consiglia di paragonare tra loro le auctoritas (pag 209), ma non solo, per lui la dialettica è positiva perchè crea nel lettore delle domande (quaestiones) diventando occasione per cercare la verità e rendere lo sguardo più attento.

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  5. Nel secondo libro (http://books.google.it/books?id=7Q26pjwOxM8C&pg=PA12&lpg=PA12&dq=abelardo+sic+et+non+diritto&source=bl&ots=20TSNEnK-y&sig=sdxXcV1EDjS80pAveqJ6IF457sM&hl=it&ei=8ZaqTsmQLcLb4QSzkuWTDw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=8&sqi=2&ved=0CFQQ6AEwBw#v=onepage&q=abelardo%20sic%20et%20non%20diritto&f=false) pag 11 a 18 questa dialettica di Abelardo viene posta in relazione all'importanza del "testo", e mi è sembrato utile accennarlo visto che a lezione stiamo parlando del testo e della sua stabilità. Si indaga su quella che è la riscoperta del testo e dell'auctoritas, si fa cenno alle raccolte degli "scholastici lectores" operate con la defloratio o il procedimento del florilegio ( è molto interessante visto che questo argomento viene trattato anche nel libro nostro libro nel secondo capitolo), soprattutto al Liber sententiarum di Pietro Lombardo, per poi passare a colui che ha dato avvio al genere delle sententiae collocandole in una prospettiva dialettica e ponendosi il problema critico della loro interpretazione, e quindi Abelardo. Penso che riguardo la definizione di INTERPRETATIO come detta a lezione, e cioè lo strumento che utilizzano i giuristi per dare validità ad un testo autorevole, il teologo francese Chenu ci possa dare uno spunto di riflessione "Abelardo apre brutalmente il problema dell'interpretazione, delle Sententiae, imposto decisamente dalle gravi lacune dei testi: imprecisioni, disaccordi, inconvenienti che derivano da citazioni staccate dai loro contesti storici, dottrinali che davano ad esse il loro senso.Abelardo rivendicò arditamente il ruolo dlla dialettica per risolvere questo problema; ma incluse un questo uso della dialettica vennero affermarsi anche regole di INTERPRETAZIONE il cuo gioco sarà ampliato nell'insegnamento del secolo XIII". E' qui che inserirei un pensiero di Abelardo secondo il quale l'uso delle aucoritates "comporta l'inserimento di una speculazione nel tessuto del teso.. l'interferenza del dato e del costruito.." e la tecnica del Sic et non è lo "sforzo di intelligibilità del dato, dell'auctoritas".
    Ecco ho cercato quindi di creare un collegamento con l'idea di stabilità del testo, o comunque con l'idea di un testo scritto che può essere più o meno stabile, l'auctoritas e la dialettica.

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  6. Andrea Fellini

    Quaestiones de iuris subtilitatibus;come detto a lezione si tratta di una piccola opera scritta nel 1050 circa(forse),che vuole affrontare le sottigliezze del diritto, si rivela una sorta di manifesto di allora indicando come è strutturato il tempio della giustizia:" templum iustiatiae": abitato dalla giustizia e dalle sue figlie (religio,pietas,gratia,vindicatio,veritas,observantia).L'opera tratta inizialmente del rapporto tra diritto naturale,civile e delle genti,si lancia poi in un invettiva contro gli editti longobardi ed il capitolare italico,considerate un accozzaglia di norme obsolete e redatte senza alcuna scienza,reclamando il ritorno del diritto romano,d'altra parte se l'impero è unitario,tale deve anche essere il sitema normativo.Leggendo qualche passo trovato qua e la sul web mi ha colpito molto l'allegoria dei giuristi raffigurti di fronte ai precetti dei libri legali,in atteggiamento di studio pronti a cancellare ogni precetto contrario all'aequitas,molto interessante per giunta, forse perchè sto studiando diritto romano, anche il rapporto che intercorre tra interpretatio /aequitas giuristi-glossatori e il pensiero dell'epoca.

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