lunedì 25 aprile 2016
sabato 9 aprile 2016
Cosa NON avete capito dell'articolo sul legame feudale?
Qualche volta è utile riflettere su cosa non abbiamo capito: sulle curiosità che sorgono da una lettura, sulle questioni non chiare.
Avendo letto il capitolo 4 del libro e l'articolo "Framing the Feudal Bond" provate a fare un elenco di cose che vorreste chiarire.
Avendo letto il capitolo 4 del libro e l'articolo "Framing the Feudal Bond" provate a fare un elenco di cose che vorreste chiarire.
giovedì 24 marzo 2016
Interruzione delle lezioni
Dal 31 marzo al 7 aprile sarò negli Stati Uniti per alcune conferenze. Dunque facciamo lezione regolarmente il 30 e ci rivediamo l'8 aprile. Intanto studiate!
Argomentazione e categorie generali
A pagina 296 dell'articolo sul Digesto trovate l'inizio del trattato De regulis iuris di Bertrando di Metz, un ecclesiastico che lavora sul diritto romano nel quadro della scuola canonistica di Colonia. Provate a leggerlo e a comprenderlo alla luce dell'esempio che abbiamo seguito sulle concessioni feudali.
sabato 19 marzo 2016
Dominio utile
La questione del dominium utile è fra le più discusse da parte della storiografia giuridica, che è nata nell'Ottocento, quando l'Europa si sbarazzò del feudo e del diritto feudale, puntando innanzitutto sulla promozione della "proprietà perfetta", che costituiva una struttura fondamentale per lo sviluppo del diritto borghese.
Molto ha scritto sul tema Paolo Grossi (articoli raccolti nel suo grosso Il dominio e le cose, ma alcuni li potete trovare in rete nei Quaderni Fiorentini, rivista fondate e a lungo diretta da lui, che è oggi tutta consultabile in rete). Sulle origini del concetto è fondamentale l'articolo fi Robert Feenstra, Les origines du dominium utile: ce ne è una copia in biblioteca ed è ristampato anche in Feenstra, Fata iuris Romani. C'è anche un altro articolo di Feenstra che potete scaricare da Heinonline, sempre in francese.
Molto ha scritto sul tema Paolo Grossi (articoli raccolti nel suo grosso Il dominio e le cose, ma alcuni li potete trovare in rete nei Quaderni Fiorentini, rivista fondate e a lungo diretta da lui, che è oggi tutta consultabile in rete). Sulle origini del concetto è fondamentale l'articolo fi Robert Feenstra, Les origines du dominium utile: ce ne è una copia in biblioteca ed è ristampato anche in Feenstra, Fata iuris Romani. C'è anche un altro articolo di Feenstra che potete scaricare da Heinonline, sempre in francese.
lunedì 14 marzo 2016
Norma e interpretazione
Nelle ultime pagine dell'articolo sul Digesto ci sono alcuni spunti sul rapporto fra norma giuridica e interpretazione. Identificateli e proponete una riflessione.
Mercoledì non c'è lezione
Devo partecipare a una riunione per le biblioteche universitarie alla Conferenza dei Rettori.
Non fa niente, riprendiamo giovedì
Non fa niente, riprendiamo giovedì
venerdì 11 marzo 2016
Causae coniectio
Ecco il frammento di Paolo, Digesto 50.17
Paulus 16 ad plaut.
Regula est, quae rem quae est breviter enarrat. non ex
regula ius sumatur, sed ex iure quod est regula fiat. per regulam igitur brevis
rerum narratio traditur, et, ut ait sabinus, quasi causae coniectio est, quae
simul cum in aliquo vitiata est, perdit officium suum.
Ed ecco Gaio, Institutiones, libro 4
http://www.thelatinlibrary.com/gaius4.html#5
al numero 15:
15. [. . . . . . . . . . ] istae omnes actiones [. . . . . vv. 5 . . . . . . . ] captus [. . . . . vv. 5 . . . . . . . ] ad iudicem accipiundum uenirent. postea uero reuersis dabatur. ut autem die XXX. iudex detur, per legem Pinariam factum est; ante eam autem legem statim dabatur iudex. illud ex superioribus intellegimus, si de re minoris quam M aeris agebatur, quinquagenario sacramento, non quingenario eos contendere solitos fuisse. postea tamen quam iudex datus esset, comperendinum diem, ut ad iudicem uenirent, denuntiabant; deinde cum ad iudicem uenerant, antequam apud eum causam perorarent, solebant breuiter ei et quasi per indicem rem exponere; quae dicebatur causae coniectio quasi causae suae in breue coactio.
giovedì 10 marzo 2016
La storia della storiografia giuridica
Provate a riflettere sull'intreccio fra storia del diritto e nazionalismo nell'Ottocento. Vi sono modi diversi di essere nazionalisti: che differenza c'è fra Savigny e i germanisti?
giovedì 3 marzo 2016
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Corso 2016
Nella lezione di oggi ho illustrato alcuni elementi utili a inquadrare l'insegnamento storico di diritto comune nel quadro della cultura giuridica. Vi ho suggerito di leggere i primi cinque paragrafi del mio libro Diritto Comune.
Vi sono domande che volete porre in anticipo? Aggiungete un commento a questo post.
Vi sono domande che volete porre in anticipo? Aggiungete un commento a questo post.
mercoledì 24 dicembre 2014
Il libro Diritto Comune è in accesso gratuito
L'editore Il Mulino non ha ritenuto di ristampare il libro consigliato per il corso. Ha autorizzato l'autore a disporne liberamente. Quindi il libro è stato scannerizzato e inserito nell'archivio ad accesso aperto della nostra Università, dal quale è possibile consultarlo o scaricarlo.
Emanuele Conte, Diritto Comune. Storia e storiografia di un sistema dinamico, Bologna 2009
Emanuele Conte, Diritto Comune. Storia e storiografia di un sistema dinamico, Bologna 2009
lunedì 10 novembre 2014
Ricerca bibliografica. Giovedì in biblioteca.
Come vi avevo preannunciato, ci sarà una lezione dedicata alle tecniche della ricerca bibliografica che sarà tenuta dalle bibliotecarie. Giovedì 13 Novembre, perciò, la lezione si terrà in Biblioteca, al primo piano. Io non ci sarò perché ho una visita medica.
A Mercoledì
A Mercoledì
venerdì 10 ottobre 2014
La norma nell'epoca gregoriana
Ieri la lezione è stata centrata intorno al mutamento di prospettiva nei confronti della norma giuridica. Si introduce un certo dualismo nella storia del diritto in Occidente: il modello antico, probabilmente trasfigurato dal passare dei secoli, si contrappone al modello cristiano: l'idea di norma è profondamente diversa fra i due modelli.
Credo di aver fatto una lezione di storia, ma ci entravano anche delle idee generali sulla struttura delle società occidentali. Credete che Max Weber ci entri qualcosa? Avete letto il suo famoso libro sull'etica protestante e lo spirito del capitalismo? E i suoi studi sul concetto di Karisma, che configura una struttura del potere diversa da quella imposta attraverso il diritto?
Credo di aver fatto una lezione di storia, ma ci entravano anche delle idee generali sulla struttura delle società occidentali. Credete che Max Weber ci entri qualcosa? Avete letto il suo famoso libro sull'etica protestante e lo spirito del capitalismo? E i suoi studi sul concetto di Karisma, che configura una struttura del potere diversa da quella imposta attraverso il diritto?
lunedì 6 ottobre 2014
Ernst Hartwig Kantorowicz (Poznan 1895-Princeton 1963)
Nella sala di Diritto della Biblioteca Nazionale di Parigi,
fra le opere fondamentali sul diritto tedesco, si trova un libro di storia che
tratta di Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero, re di
Sicilia e di Gerusalemme, morto nel 1250. Si tratta del primo libro pubblicato,
nel 1927, da Ernst Kantorowicz, un grande storico che non si sarebbe definito
giurista, ma le cui opere hanno una grande importanza nella formazione della
cultura giuridica del Novecento.
Per molti aspetti, però, la scelta della BN non è felice:
non si può dire che il libro giovanile di Ernst Kantorowicz su Federico II sia
un libro giuridico, né che esso tratti del diritto tedesco. Non si può
sostenere nemmeno che sia un libro di storia utile per il giurista, poiché esso
vide la luce nel quadro di una situazione culturale e politica fortemente
caratterizzata, che prelude al nazismo offrendo alla sua ideologia molti
elementi che la propaganda del regime avrebbe enfatizzato. Per la verità,
l’unico motivo per invitare il giurista alla lettura del Federico II è
che esso costituisce la prima tappa di un percorso intellettuale eccezionale,
che intreccia la storia della cultura e quella dell’immaginario, le strutture
politiche e le tecniche giuridiche in una serie di libri e articoli abbaglianti
per la loro acutezza. E’ l’opera di un intellettuale che porta con sé molto del
secolo 19° e vive con profondissima partecipazione la storia in gran parte
tragica del 20°.
Accolto con enorme entusiasmo alla sua pubblicazione,
ristampato quattro volte fra 1927 e 1936 e venduto in ben 12.800 copie, Federico
II è oggi, assai più che un vero e proprio libro di storia, l’oggetto di
studi di storia della storiografia. Testimonia di una stagione della cultura
tedesca che, pur essendo espressione di una crisi destinata a concludersi
tragicamente, influenza ancora profondamente il pensiero occidentale. In questo senso, osserva Oexle, « ce
livre de Kantorowicz n’a plus rien à nous dire … : J’espère qu’il est
impensable et impossible que l’actualité politique et sociale allemande fasse
un jour que ce livre ait encore quelque chose à nous dire »
Se è vero, dunque, che il libro su Federico II non fa parte
delle letture del giurista, è vero anche che non si può fare a meno di partire
da questo libro per ricomporre una vicenda umana, culturale, politica e
intellettuale che è affascinante ed istruttiva per la cultura giuridica
attuale.
Ernst Hartwig Kantorowicz era nato nel 1895 a Poznan (oggi
in Polonia, ma appartenente allora al Reich tedesco, con il nome di Posen) da
una famiglia di industriali ebrei naturalizzati tedeschi. Prese parte alla
prima guerra mondiale come artigliere e fu destinato poi al servizio in
Turchia, dove prese confidenza con le lingue e le tradizioni mediorientali.
Rientrato in patria, frequentò l’università, ma non studiò mai il diritto: nel
1918 fu iscritto alla Facoltà di filosofia di Berlino, ma ben presto riprese le
armi, dapprima sul fronte orientale, poi contro gli spartachisti a Berlino, poi
ancora contro i comunisti a Monaco, dove s’era di nuovo iscritto
all’Università, ma questa volta alla facoltà di economia. Qui seguì corsi di
storia e di politica, e assisté a qualche lezione di Max Weber, di passaggio a
Monaco come professore invitato. Nel 1919 si trasferì alla facoltà di filosofia
di Heidelberg dove, oltre a terminare gli studi, entrò a far parte del circolo
dei seguaci del poeta Stefan George, figura carismatica che predicava
l’eccellenza della Germania, l’esigenza di una rinascita nazionale fondata sul
recupero della tradizione medievale e del suo ordine, contrapposta al caos
indotto dalla politica liberale e – nel dopoguerra tedesco – dalla debole
Repubblica. In quest’ambiente il giovane economista Kantorowicz scoprì la sua
vocazione di storico e, fortemente incoraggiato dallo stesso George, pubblicò
il libro su Federico. Vi esaltava la figura dell’imperatore germanico che aveva
saputo costruire uno Stato raccogliendo materiali di provenienza classica,
orientale, normanna, filtrandoli attraverso una personalità che era espressione,
per il giovane discepolo di Stefan George, del genio germanico.
Nonostante qualche critica ricevuta dagli storici più
tradizionalisti, Kantorowicz ottenne nel 1930 una cattedra di storia medievale
a Francoforte. Ma nel 1933, mentre molti giovani del circolo di George
passarono al Nazismo, Kantorowicz dovette lasciare la cattedra a causa delle
leggi razziali che proibivano agli ebrei di insegnare. A nulla servì che il suo
libro fosse una delle letture preferite di Hitler, Göring e Himmler. L’amata
Germania gli diventava estranea e ostile in ragione della sua razza ebraica, ma
anche perché sull’altare dell’ideologia si sacrificava la libertà e la dignità
dell’insegnamento universitario, che egli considerava come una sorta di
sacerdozio.
Prese la strada dell’esilio, condivisa da tanti
intellettuali tedeschi d’origine ebrea. Dopo qualche soggiorno in Inghilterra e
un periodo trascorso a Berlino, fu accolto negli Stati Uniti all’Università di
Berkeley.
Ma l’America non rappresentò per lui un approdo definitivo e
tranquillo, dopo una vita tanto avventurosa. La politica anticomunista
propugnata dal senatore MacCarthy era infatti destinata a investire
l’Università californiana con una controversia particolarmente
violenta. Messi sotto pressione dal sospetto di aver offerto rifugio a molti
intellettuali comunisti, nel 1949 i Regents dell’Università di Berkeley
chiesero a tutti i professori di sottoporsi a un giuramento che attestasse la
loro estraneità al partito e alle idee comuniste. Ernst Kantorowicz rifiutò di
prestare il giuramento, e si pose rapidamente al centro del movimento di
protesta che oppose per alcuni mesi il corpo docente agli amministratori. Pur
avendo conservato le convinzioni conservatrici che lo avevano indotto,
trent’anni prima, a prendere le armi in Germania contro comunisti assai più
concreti di quelli evocati dalla propaganda maccartista, egli non accettava che
la libertà d’insegnamento potesse esser posta in dubbio dall’obbligo del
giuramento. Pur di non piegarsi alla richiesta dell’Università lasciò la
California e si trasferì nell’Institute for Advanced Studies di
Princeton, dove rimase fino alla morte, nel 1963.
Le opere di Kantorowicz più significative per la storiografia
propriamente giuridica risalgono al periodo americano. Negli articoli che
preparano il famoso libro pubblicato a Princeton nel 1957, The King’s Two
Bodies, il ricorso alle opere dei giuristi e agli atti legislativi e
amministrativi è parte fondamentale delle ricerche, che conservano d’altra
parte un taglio generale di storia delle idee e delle pratiche politiche.
Altrettanto importante è il ricorso alle fonti liturgiche, che fanno da base al
volume sulle Laudes Regiae, pubblicato in inglese sulla base di
materiale raccolto negli ultimi anni trascorsi in Germania e tradotto in
francese nel 2004. Questa integrazione di fonti di natura diversa costituisce
un’innovazione importante nella storiografia del Novecento. Ernst Kantorowicz è
il primo e il più importante storico politico che si appropri con
consapevolezza assoluta delle fonti giuridiche, che la scuola storica tedesca
aveva riservato ai giuristi storici. Di fronte all’imponente tradizione della Rechtsgeschichte,
gli storici si sono quasi sempre astenuti dal confrontarsi con i mysteria
iuris, sia sul piano delle fonti sia su quello della dogmatica. Ne derivava
– negli anni dopo la guerra, ma ancora oggi – una innaturale emarginazione del
diritto dall’orizzonte della storia.
Proprio il fatto che Kantorowicz non si sia formato nelle
Facoltà di Giurisprudenza, e che sia restato estraneo alle logiche accademiche
durante gli anni della formazione, gli ha consentito di avvicinarsi alle fonti
del diritto con occhi liberi da condizionamenti, e di valutare la ricchezza e
l’importanza del contributo dei giuristi e della logica giuridica nella
formazione di una sintassi del potere politico medievale. E’ dunque del tutto
errato accostare l’opera di Ernst Kantorowicz alla produzione della scuola
storica e della pandettistica tedesca.
Non è un caso, del resto, che la rivalutazione del diritto
nel disegno della sovranità compaia nelle opere americane di Kantorowicz. La
rottura dei tradizionali equilibri disciplinari poteva riuscire più facilmente
fuori dalla Germania e grazie alla libertà accademica goduta negli Stati Uniti.
A Berkeley, la relazione con il romanista Max Radin incoraggiò l’interessamento
di Kantorowicz per la lettura giuridica delle realtà politiche, e lo indusse a
trattare i testi giuridici come autentiche testimonianze storiche del mondo
politico e sociale. Perciò le opere dei giuristi medievali, che erano per gli
storici del diritto di quegli anni manifestazioni di una scientia iuris
più dogmatica che politica, si trovano inserite in un’interpretazione complessiva
che le supera ampiamente. Così, grazie al recupero della sua dimensione
storica, e al superamento della prospettiva dogmatica, il fenomeno giuridico
acquista un rilievo nuovo nella ricostruzione della storia della sovranità, e
recupera il ruolo che gli compete, al centro di una complessa vicenda
intellettuale.
Quest’attenzione al diritto traspare chiaramente dagli
articoli che furono raccolti, dopo la morte di Kantorowicz, in un bellissimo
volume che porta sulla copertina le sue iniziali: “EK” e reca il titolo sobrio
di Selected Studies. Composto sulla base di una scelta di saggi dovuta
all’autore stesso, il libro ha avuto una traduzione soltanto parziale in
francese (Mourir pour la patrie, Paris, PUF, 1984, nuova ediz. Fayard
2004), che traduce soltanto tre dei 25 saggi raccolti nel volume, aggiungendovi
un articolo uscito in tedesco nel 1948 e non incluso fra i Selected Studies
probabilmente perché rifuso come parte del quarto capitolo del libro sui due
corpi del re. Pur se così ridotta rispetto all’originale, questa piccola
raccolta di traduzioni ha contribuito sostanzialmente al grande successo
postumo dell’opera di Kantorowicz in Francia e in molti altri Paesi d’Europa.
Un successo che non è stato incontrastato. Il dibattito fu
aperto già nel 1981 da un lungo articolo di Marcel Gauchet pubblicato in due
riprese su Le débat, in cui l’opera di Kantorowicz era presentata alla
cultura francese come un passaggio fondamentale della storiografia moderna. Ma
le resistenze non tardarono a manifestarsi. Se infatti Pierre Legendre,
nell’introdurre la raccolta del 1984, sottolineava che l’intera storia
occidentale non può essere compresa se non a partire dai testi giuridici,
grandi storici francesi tenevano fede alla scelta – che s’era affermata almeno
a partire dall’inizio del Novecento – di emarginare il diritto dalla
ricostruzione storica. Non che di questa emarginazione del diritto dalla storia
fossero colpevoli soltanto gli storici. Era l’atteggiamento dei giuristi
storici dell’Ottocento e del Novecento che, considerando la loro scienza in
termini di isolamento dogmatico, spingeva per una sua profonda estraneità alla
storia politica ed economica. E perciò gli storici politici ed economici
avevano cominciato a fare a meno del diritto. Il potere di suggestione che
deriva dalle opere di Kantorowicz, anche soltanto a leggerne le poche pagine
tradotte in francese nel 1984, era tale da costringere la storiografia francese
a tornare sui propri passi e a riconsiderare il ruolo del diritto e della
cultura giuridica nella storia.
D’altra parte, non sono mancate reazioni critiche a questo
successo, attestato dal susseguirsi di traduzioni in Francia, Spagna e Italia.
Se in Francia le critiche (Kriegel) sono state dettate da un’avversione
piuttosto semplicistica alla tradizione storiografica tedesca, dalla Germania è
venuta una riflessione assai più profonda (Oexle), che ha voluto distinguere le
diverse fasi del lavoro di Kantorowicz: da una parte il Federico II, che
rispecchia convinzioni ideologiche inaccettabili e una tendenza profondamente
antistorica allo sfruttamento del Medioevo come arma nelle mani della politica
reazionaria; dall’altra parte gli articoli e i libri del periodo americano, che
rappresentano un grande contributo all’interpretazione della mentalità politica
medievale. La grossolana critica francese, invece, ha fatto di Kantorowicz un
difensore del diritto romano epigono della pandettistica, cosa che egli non fu
mai, e ha artificialmente contrapposto l’idea franco-inglese dello Stato di
diritto ad un’idea tedesca fondata su un dispotismo di stampo romanistico.
Perciò sia il libro sui Due corpi del re sia i saggi raccolti nei Selected
studies sono stati descritti come il prodotto più recente di una tradizione
tedesca che, fondata sul modello dispotico di Giustiniano, nega allo Stato la
funzione di mediazione tra il potere e il diritto, si oppone alla democrazia e
all’idea stessa di repubblica. Ma le cose sono assai più complesse, perché la
scuola storica tedesca non ha sempre esaltato il diritto romano, che è stato
anzi accusato di eccessivo formalismo dai germanisti. E perché le critiche
francesi al diritto romano, da Klimrath a Olivier-Martin, furono in gran parte
ispirate proprio dai germanisti tedeschi, la cui avversione al diritto romano
era assai più decisa di quella dei colleghi francesi. Il libro di Kantorowicz
sui due corpi del re, d’altra parte, denuncia fin dalle prime pagine il suo
debito nei confronti della storiografia inglese e americana, da Max Radin a
Maitland, e si pone un problema giuridico che emerge da fonti medievali
inglesi: come si costruisce la personalità pubblica del Sovrano? quali elementi
dottrinali concorrono a creare una sovranità astratta distinta dalla persona
fisica del sovrano?
La trattazione di questo problema è condotta in modo
assolutamente ammirevole. L’analisi spazia da fonti di diritto nazionale
inglese a Shakespeare, dalla teologia gregoriana all’iconografia altomedievale
alla numismatica, dalle opere dei glossatori del diritto romano agli affreschi
senesi di Ambrogio Lorenzetti, senza trascurare, ovviamente, le fonti del
diritto canonico che hanno contribuito sostanzialmente alla dottrina della
sovranità nel Medioevo. E’ dunque nel quadro ricchissimo della cultura
medievale che le dottrine giuridiche danno il loro contributo alla sovranità.
Ma si tratta di un contributo essenziale e centrale: basti concentrarsi sulle
pagine dedicate alla personalità del fiscus e all’inalienabilità dei
beni pubblici, oppure all’incerto legame che si crea, lentamente, tra sistema
politico e patria; assolutamente capitale, poi, il tema della
personalità delle corporazioni e delle universitates.
Questi passaggi più tecnici del libro andrebbero letti
insieme agli articoli corrispondenti pubblicati tra i Selected Sudies,
in particolare Inalienability (1954) e Pro patria mori (1951),
con le aggiunte suggerite negli stessi anni da Gaines Post.
L’articolo sulla Patria, che dà il nome alla raccolta di
traduzioni francesi, si apre con un suggestivo collegamento alla storia del
Novecento ed alla retorica della morte per la Patria che ne ha marcato l’intera
prima metà. Collegamenti come questo piacevano a Ernst Kantorowicz, che aveva
vissuto intensamente la storia del suo tempo e cercava nella storia del
Medioevo i segni della costruzione del proprio presente. Che era un presente
insanguinato da guerre nazionali e lotte politiche, e deformato da
interpretazioni ideologiche altrettanto violente. Le passioni politiche dei
suoi anni giovanili e le tendenze prenaziste del circolo di George di cui
faceva parte, hanno indotto a classificare la sua storiografia come
reazionaria, tanto più che l’espressione “teologia politica”, che torna nel
sottotitolo del libro sui due corpi del re e in un paio di articoli degli anni
Cinquanta, è presa dal famoso saggio in cui Carl Schmitt, nel 1922, aveva collegato per
la prima volta la sovranità al potere di decidere nello stato di eccezione.
Alain Boureau, si è posto questo problema, e non ha escluso che Kantorowicz
possa aver conservato fino alla morte le idee reazionarie che ne marcarono la
gioventù. D’altra parte, però, l’immagine che egli offre della sovranità
medievale è ben lontana dall’idea schmittiana di un potere che si esercita
senza mediazione sulla nuda vita, perché l’inclusione della teologia cristiana
e del diritto romano fra le fonti della costruzione medievale impongono al
potere nudo il vestito della finzione giuridica e della costruzione teologica.
Perciò il sovrano medievale ricostruito da Kantorowicz è costretto a nuoversi
all’interno del suo corpo fittizio, politico e giuridico, mentre il custode
dello Stato di Schmitt attinge direttamente al suo potere politico per
trasformare il diritto in nome del popolo.
La passione per la scolastica medievale e l’entusiasmo per
l’erudizione fanno di Kantorowicz lo storico del rapporto fra potere e diritto
assai più che il teorico della sovranità assoluta.
Opere
Kaiser
Friedrich der Zweite,
Berlin 1927
Laudes Regiae. A Study in Liturgical Acclamations and Mediaeval Ruler
Worship, Berkeley and Los Angeles, 1946
The King’s Two Bodies, Princeton 1957
Bibliografia
G. Post, Studies in Medieval Legal
Thought. Public Law and the State, 1100-1322, Princeton, NJ, 1964.
R.E. Gisey, Ernst
Kantorowicz. Scholarly Triumphs and Academic Travails in Weimar
Germany and the United States, in Yearbook of the Leo Baeck Institute,
30 (1985), 191-202
E. Grünewald, Ernst
Kantorowicz und Stefan George. Beiträge zur Biographie des Historikers bis zum
Jahre 1938 und zu seinem Jugendwerk ‚Kaiser Friedrich der Zweite’,
Wiesbaden 1982 (Frankfurter Hist. Abhandlungen, 25)
Marina Valensise, Ernst Kantorowicz, in Riv. St.
Ital., 101 (1989), 195-221. Versione francese meno ampia in Préfaces, 10
(1988)
R.E. Lerner, Ernst Kantorowicz and Theodor Mommsen,
in An Interrupted Past. German-Speaking Refugee Historians in the United
States after 1933, a c. di H. Lehmann e J.J. Sheehan, New York 1991,
188-205
A. Boureau, Histoires d’un historien, Kantorowicz,
Paris, Gallimard, 1990, ristampato con aggiornamenti in E.K., Œuvres,
cit.
R.E. Lerner, Ernst Kantorowicz (1895-1963), in Medieval
Scholarship. Biographical Studies on the Formation of a Discipline, I, History,
a c. di H. Damico e J.B. Zavadil, New York-London 1995, 263-276.
R. Delle Donne, Kantorowicz e la sua opera su Federico II
nella ricerca moderna, in Friedrich II. Tagung des Seutschen Historischen Instituts in Rom
im Gedenkjahr 1994, a c.
di A. Esch e N. Kamp, Tübingen 1996, 67-86
J. Krynen, L’encombrante
figure du légiste. Remarques sur la fonction du droit romain dans la genèse de
l’État, in Le Débat, 74 (1993), 45-53
Blandine Kriegel,
La politique de la raison, Paris 1994
Ernst
Kantorowicz. Erträge der
Doppeltagung Institute for Advanced Study, Princeton / Johann W.
Goethe-Universität, Frankfurt, Hg. von R. Benson, J. Fried, Stuttgart 1997
(Frankfurter Hist. Abhandlungen, 39)
Geschichtskörper.
Zur Aktualität von Ernst H. Kantorowicz, Hg. von W. Ernst e C. Vismann, München 1998,
119-127
Ernst
Kantorowicz (1895-1963). Soziales Milieu und wissenschaftliche Relevanz, a c. di J. Strzelczyk, Poznan 20002
K. Schiller, Gelehrte
Gegenwelten. Über humanistische Leitbild im 20. Jahrhundert, Frankfurt a.M.
2000
R. Delle Donne, ‘Historisches Bild’ e signoria del
presente. Il ‘Federico II imperatore’ di Ernst Kantorowicz, in Le storie
e la memoria. In onore di A. Esch, a c. di R. Delle Donne e A. Zorzi,
Firenze 2002, 295-352. (anche su Reti Medievali)
giovedì 2 ottobre 2014
La scuola storica tedesca: romanisti e germanisti
Oggi ho cercato di farvi un quadro rapido delle posizioni dei romanisti e dei germanisti nell'Ottocento tedesco. Abbiamo incontrato Friedrich Carl von Savigny, Wilhelm Albrecht, Georg Beseler. Vi ho citato alcuni libri, che potete cercare: Francesco Calasso, Introduzione al Diritto Comune, Franz Wieacker, Diritto privato e società industriale. Vi ho invitato anche a dare un'occhiata a un mio articolo: Storia interna e storia esterna, che trovate su Academia.edu.
Se volete potete postare qualche riflessione o qualche domanda sotto a questo post.
Se volete potete postare qualche riflessione o qualche domanda sotto a questo post.
mercoledì 1 ottobre 2014
I partecipanti al corso
Il corso di Diritto Comune si tiene in forma seminariale e richiede partecipazione attiva da parte degli studenti. Perciò ho bisogno dei vostri nomi e dei vostri indirizzi di posta elettronica.
Per favore indicateli inserendo un commento qui sotto
Per favore indicateli inserendo un commento qui sotto
Le lezioni del 2014
Il progetto del corso di quest'anno prevede:
una introduzione sull'uso (e l'abuso) della storia nelle dottrine giuridiche
un approfondimento del tema della norma giuridica e del suo rapporto con la sovranità
la questione della nascita della scienza giuridica e dei suoi caratteri distintivi
Se ci sarà tempo vorrei anche lavorare con voi sul tema della personalità giuridica degli enti
una introduzione sull'uso (e l'abuso) della storia nelle dottrine giuridiche
un approfondimento del tema della norma giuridica e del suo rapporto con la sovranità
la questione della nascita della scienza giuridica e dei suoi caratteri distintivi
Se ci sarà tempo vorrei anche lavorare con voi sul tema della personalità giuridica degli enti
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